Avevo lasciato i Deinonychus nel 2002 con Mournment, e devo dire di non mi piacque proprio. Questo Insomniac invece si. Le tracce diminuiscono di numero, si allungano di tempo, si incupiscono, e diventano piu doom. Non basta? La composizione è migliorata nettamente, inserendo una vena leggermente black metal nel tutto, dando un pizzico di movimento alla cosa. Ora va meglio? Direi proprio di si. Dato che le canzoni hanno un nome piuttosto lungo e assurdo, mi sembra il caso di chiamarle solo per numero. Dopotutto sono solo 5.
Traccia 1, l’opener. Di tutto rispetto anche: un bel riffone oscuro e possente e la voce straziante di Marco (militante anche nei semidefunti Betlehem). Anche le orchestrazioni non sono male, si inseriscono bene nel tutto. Peccato duri solamente 5 minuti. Passiamo oltre, traccia 2. Ora si fa sul serio: i ragazzi sanno comporre doom, e si sente. I riff monolitici, i pezzi lenti, gli stacchi veloci per non stancare fino all’ultimo, tutto al loro posto. Il tutto finisce su una parte molto evocativa, in cui dei mistici cori vengono accompagnati da una batteria che si fa sempre piu veloce, fino ai blast beat, per chiudersi in scemando fino al pezzo seguente. Il brano 3, si apre con una bella cavalcata, oscura e possente, per poi interrompersi bruscamente e lasciarsi andare in uno straziante lento voce\synth, ritmato da una batteria lenta e sincopata.
Proseguendo col cd, troviamo (chissà cosa?) la traccia 4. Forse quella piu noiosetta del lotto. Il riff non mi convince particolarmente nella parte iniziale, di sicuro sono piu ascoltabili le orchestrazioni. La voce non è nelle sue migliori interpretazioni, e non mi convince appieno, ma tutto sommato se la cava con una prestazione nella media.L’ ultimo brano invece, dal titolo abbastanza inquietante (non che gli altri fossero da meno, ma questo lo è di più), mi è balzato subito all’orecchio.
Sicuramente la sua somiglianza con i Katatonia “Old style”, ha fruttato molto al mio giudizio positivo, anche se lo stile della band si sente, e non scade nel cosiddetto “fenomeno del pappagallo”. Riff circolari, melodici e tristi, la voce urlata e sgraziata, che ben s’intona nell’idea della composizione. Senza dubbio la canzone migliore dell’album.

Beh, che dire, ci sono voluti sette (e dico SETTE) album perchè i Deinonychus facessero qualcosa di buono (gli altri album non erano così brutti, ma non erano nulla di speciale), non certo da tramandare ai posteri, ma perlomeno da ricordare come un buon ascolto. Probabilmente lo stato di fermo dei Bethlehem ha giovato alla band (il perchè leggetelo ad inizio recensione!), e finalmente porta in tavola un album degno di essere preso in considerazione. Aspettando il prossimo lavoro con positiva speranza.

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