Troppo facile dire metalcore davanti a frangia, promozioni da rockstar e produzioni pompatissime. Ancora più semplice nel caso dei Bring Me The Horizon, visti i trascorsi emo-like dell’EP ‘This Is What The Edge Of Your Seat Was Made For’ ed il conseguente successo planetario che ha indotto, nell’immaginario collettivo, un certo pregiudizio verso ciò che era lecito aspettarsi dal nuovo disco. Ecco chiarito l’inspiegabile binomio Bring Me The Horizon-core, anche dopo l’uscita di un disco come ‘Count Your Blessings’, che con il polverone musicale del momento ha davvero poco a che fare.

I dieci brani della nuova opera dei cinque giovanissimi britannici affonda, invece, le proprie radici in un contesto musicale molto più lontano e “nobile” per il metallaro medio. I suoni si induriscono, i ritornelli mielosi sono spazzati via, i libri di storia presi alla mano ed il risultato è un sound, sì rivoluzionato più nella veste che nell’anima, ma dalla buona e centrata resa. Qui più che l’eco degli Underoath si sentono le palesi influenze del metal estremo moderno vicino agli Aborted e l’impronta dell’intramontabile scena svedese. Niente di fondamentalmente nuovo, dunque, ma un lavoro che il proprio background ispirativo riesce a mixarlo alla grande, con un risultato sufficientemente gradevole, aggressivo e vario sia nel panorama globale che analizzando gli spunti individuali. Tutto ciò è sintomo di una coesione d’intenti, rara per una band così giovane, che porta gli strumenti più ispirati a sopperire ai deficit e buchi che si scorgono qua e là. Laddove la sezione ritmica appare a tratti scolastica e prevedibile, infatti,il riffing ed il lavoro del singer appaiono quanto mai tecniche e creative nel mescolare le acide armonizzazioni vicine ai The Black Dahlia Murder, le accelerazioni alla Carcass, i breackdown di scuola newyorkese con un armamentario vocale capace di adattarsi con perizia alle diverse anime assunte. Novità? Zero. Perfezione? Lontana. Omogeneità qualitativa? Neanche a parlarne in un disco che spara, come da tradizione, le sue migliori cartucce in avvio per poi arrancare nell’autocitazionismo da chiusura. Nei pesanti, frutto di un’esperienza ancora latente, ma tuttavia perdonabili a chi riesce a bilanciarli con un’intensità ed un sudore che abbattono ogni pregiudizio di sorta. Mutazione azzeccata, per un passo in avanti che attende conferme mature e concrete.

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