I 7 Months sono una gruppo progressive metal californiano attivo fin dal 1995 ma presente sul mercato discografico solo dal 2002. Questo “In Time…” è il loro secondo album.
I riferimenti del gruppo sono le classiche band progressive degli anni ’70 come Yes, Kansas, Rush ecc…senza dimenticare, in ambito strettamente metal, i “padri” Dream Theater, Fates Warning, Queensrÿche…
Il disco in questione si rivela un album gradevole, ottimamente suonato e ben prodotto. I 7 Months hanno il pregio di creare situazioni musicalmente intricate e interessanti senza perdersi in inutili virtuosismi o auto-celebrazioni ma dando il giusto spazio alla melodia, grazie anche alle linee melodiche del cantante Danny Veras che si alternano a dei contro-canti più ruvidi che possono richiamare alla mente anche gruppi (relativamente) più recenti come Pain Of Salvation o Vanden Plas. Le ritmiche risultano sufficientemente varie e heavy creando un buon groove e il giusto contrasto con la parte melodica delle vocals. Sia i chitarristi che il tastierista si rivelano ottimi musicisti sia in fase di costruzione che solista.
Fatte queste premesse, indubbiamente positive, veniamo, ahimé, a quelle che sono le “noti dolenti” della proposta musicale dei 7 Months: purtroppo i brani in questione, pur come detto ben realizzati, risultano troppo prevedibili e privi di personalità e, a mio avviso, il disco manca di quella manciata di pezzi che possono elevarne lo standard al disopra della media. Così l’opener Momories (che come tale dovrebbe essere quantomeno trascinante o d’impatto) scivola via senza destare particolare interesse. Neppure la title-track, che sembrava dovesse apportare una qualche variazione sul tema, riesce a scuotere l’ascoltatore. Alla fine la lenta e più rilassata Unspoken Words è come una boccata d’aria fresca. Dopo numerosi ascolti quindi è quasi arduo ricordarsi un pezzo piuttosto che un altro: rimane il senso di qualcosa di “carino” ma che purtroppo non riesce a catturare l’attenzione. Non sono uno che ama l’originalità a tutti i costi (anzi…), ma viste le indubbie capacità tecniche del gruppo sarebbe lecito aspettarsi un songwriting migliore, magari osando qualcosa di più, uscendo un po’ fuori dagli schemi imposti dalle band cardine del genere.
In definitiva mi sento di consigliare questo album solo agli aficionados di queste sonorità o agli amanti di una buona tecnica strumentale, i quali magari potranno trovarlo gradevole, per tutti gli altri invece, se si vuole ascoltare del buon progressive metal, è meglio rivolgersi direttamente ai capostipiti del genere.

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