Così la trilogia si chiude: dopo la nascita nelle regioni tenebrose di “Nattestid…”, la maturità segnata da “…Bjoergvin…”, ecco arrivare la vecchiaia meditativa con “…Doedskvad”. Dopo due album questo gruppo decide di chiudere la sua strada lasciando un ultimo, imponente epitaffio che riverberi la sua memoria a lungo. Infatti, proprio Høst, mente Taake, ci informa della decisione di terminare questo percorso musicale, tutto incentrato sul suo paese di provenienza: la Norvegia. “…Doedskvad”, o “La Canzone Della Morte” (deathsong in inglese), si può leggere come una suite concettuale complessa, scandita in tappe, per la precisione sette, che nel loro mutevole aspetto ci raccontano il legame di questo gruppo alla propria terra.
Musicalmente l’album è molto metamorfico, sa variare spesso faccia, passando da sonorità true black ad altre vicine al thrash-heavy (soprattutto nella sesta, la più carente del complesso). In tutte queste forme è piuttosto scorrevole e ingenuo, non si perde mai in strutture intricate e questo non può che facilitare la ricezione dell’album.
A partire dalla prima parte, teatrale e vorticosa ( che presenta eco degli Obtained Enslavement di “Witchcraft”, nonostante qua non siano mai impiegate le tastiere e la composizione sia più semplice) si è introdotti in un dramma con riprese alterne, dove scene veloci si interrompo improvvisamente per permettere l’ingresso di atti rallentati, riflessivi e nostalgici, dove Taake raggiunge la massima capacità espressiva. Fra le migliori stazioni sono la terza parte e la quarta, le più vicine al vecchio stile di questo gruppo, dove si respirano quelle suggestive arie malate e ossessive, capaci di irretire al primo ascolto da quanto sono nervose e oscure.
Se da una parte quindi questa ultima prova si presenta camaleontica e varia, dall’altra può tranquillamente dirsi in piena linea con la tradizione del gruppo, cosciente della propria identità e di un proprio trademark costruito in passato e adesso ripreso con efficacia. Per questa occasione la registrazione è stata effettuata ai Grieghallen Studios ed è il caso di sottolinearlo per la purezza cristallina con cui emerge tutto l’album, registrazione che è in grado di risaltare la freddezza e misantropia di queste sette gocce della morte.
Infine da annotare è la presenza di Nattefrost e Nordavind (i due vecchi pilastri Carpathian Forest) e Taipan (Orcustus), che hanno prestato aiuto in alcune fasi del percorso.

“…Doedskvad” è quindi un monumento funebre che per la sua solidità e bellezza icastica saprà perpetuare il ricordo di questo gruppo per molto tempo. Ora non ci resta che un’ultima domanda: che sia davvero la fine di questa storia?

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