Una delle prime cose che colpisce di questo disco è il titolo che, tradotto, sta a significare ”E’ un piacere essere vivo”, frase quanto mai azzeccata dato che la bellissima e particolare voce del rocker è il risultato dell’abuso di whiskey. Sin dalle prime note del cd l’ascoltatore sarà cullato da una serie di brani che alternano ritmi sostenuti e ballabili, in particolare in pezzi come “Wins, Ties And Losses” e “Rise Above”, ad altri molto atmosferici, introspettivi, dolci e cadenzati, quasi blueseggianti, come “Have A Drink On Me”, “Be Good To Yourself”, “Without You”, introdotta da un pazzesco e strappalacrime duello pianoforte-chitarra, “Lady And Daughter”, “When I’m Away From You”, “So Far So Good”, caratterizzato da un duetto che fa realmente venire la pelle d’oca, “She’s A Rolling Stone” e “I’m In Love With You”. Il nostro Spike fa anche un tuffo nel country con la splendida, accattivante e cadenzata “Won’t Ya Stick Around”. Citazione a parte merita la magistrale esecuzione di “Everyday”, splendida cover degli Slade. E dato che un grande album merita una chiusura di tutto rispetto, il nostro eroe ci regala, come ciliegina sulla torta, la stupenda “7/11 Roses”, un classico esempio di come la semplicità possa facilmente diventare arte.
It’s A Treat To Be Alive è un album che prende, per così dire, le distanze dal tipico Quireboys sound, in cui domina l’hammond, pieno zeppo di arpeggi di chitarra molto leggeri ma mai scontati e monotoni, il tutto sempre e comunque “divinamente” orchestrato dalla padronanza vocale del singer. Spike, in questo disco, sfodera la sua natura intimista, lasciandosi ispirare da grandi songwriters del calibro di Rod Stewart, e Freddie Mercury. Un vero e proprio capolavoro che non può mancare nella collezione sia dei nostalgici degli anni ’70 ed ’80, sia di chi ama la buona musica.

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