Brasile, novembre 2011. La band thrash metal Orckout autoproduce e pubblica il suo secondo lavoro “[D] Generation”, album registrato e mixato da Alessandro Sà presso il G3 Studio di Bauru.

A onor del vero, mi accingo ad ascoltare per la prima volta questo CD domandandomi se le origini sudamericane della band in qualche modo possano influire sulle sonorità dell’album… E qualcosa di curioso c’è. Fin dai primi pezzi mi rendo conto che al thrash tradizionale, fatto di velocità estrema, suoni grezzi e minimalismo compositivo, gli Orckout abbinano tratti tipici dell’heavy metal classico, quali la distorsione della chitarra e del basso, lasciando trasparire qualcosa di melodico sullo sfondo.

La prima track dell’album, Slavery Dance costituisce un buon biglietto da visita, proponendo fin da subito un ritmo molto energico che accompagna la voce aggressiva di Jucke,così come nei due pezzi seguenti, The Bloodiest Day e Bluff, dove si distingue la batteria di Gutaum abbinata ai suoni sporchi delle chitarre di Danilo Ariosi e Cleber Monteiro.

Si passa poi a Voracity, punta di diamante dell’album, coinvolgente cavalcata che spezza un pò il ritmo. Cori, chitarre, basso e batteria, tutto ben amalgamato, in una canzone che piace già ai primi accordi. Mi stupisco quasi a ritrovare un pezzo del genere nel bel mezzo di questo album…

Segue Technotard, dove il thrash fa nuovamente da padrone, ma per poco. Il brano che segue, infatti, Miserable, si presenta con un suono più cadenziato, melodico, e un tranquillo e spontaneo headbanging mi accompagna durante tutto l’ascolto.

Chiude l’album Disorder, pezzo che ha alla base una buona chitarra abbinata all’intensa voce del cantante, che insieme sfociano in una sonorità che durante l’esecuzione live avrebbe il pogo assicurato.

I 4 ragazzi brasiliani amano il rischio.. Abbinano sonorità piuttosto lontane tra loro, su alcuni brani funzionano come un “diesel”, partono con calma e raggiungono velocità estreme, a tratti le chitarre, la batteria e la stessa voce del singer sanguinano energia, ma allo stesso tempo si denota un retrogusto melodico. Le tracce si assomigliano tra loro, ma non annoiano. Il futuro promette bene!

 

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