Sorti nel 2010 sotto il nome di Prime Evil, che presto fu cambiato in Mpire Of Evil, questi tre inglesi non del tutto nuovi ai metalheads fan della vecchia scuola sfornano un album di tutto rispetto.

Il trio Jeff “Mantas” Dunn, Tony “Demolition Man” Dolan ed Anthony Lant è, come immaginabile, un combo esplosivo che reincarna più che mai il vecchio Venom Style in un sound grezzo e martellante.

Dopo l’uscita dello scorso anno di “Falling Angels” dei “colleghi” Cronos e soci, Mantas & co. ci deliziano con l’altra parte degli amati Venom con questo nuovo debutto “Hell To The Holy”.

L’album sarà disponibile definitivamente il 26 Marzo per Scarlet Records; ancora disponibile è invece “Creatures Of The Black”, EP uscito in cd e vinile colorato a tiratura limitata contenente quattro cover e due inediti degli Mpire Of Evil.

Ma veniamo subito al disco.

Sin dalla opener “Hellcraw” capiamo che la rabbia di questi tre cavalieri dell’ Apocalisse non si è mai affievolita, con un sound riconducibile ai vecchi Venom, anche se chiaramente più rifinito ed elaborato, i nostri mettono a segno un bel colpo.

“Hellcraw” si rivela essere il brano adatto per essere l’apertura del disco, con un ritmo molto marziale ed incisivo; la successiva “Metal Messiah”, nonostante la sua potenza è il brano che mi ha convinto meno del disco, forse per via di un groove che non riesce ad entusiasmarmi del tutto.

A risollevarmi l’animo ci pensa invece “Walking Up Dead”, dalla linea più incalzante contornata sempre da riff molto taglienti.

I rintocchi di un campanile seguiti da un temporale e delle urla introducono la title track, “Hell To The Holy”, traccia della durata di ben otto minuti che parte a tutti gli effetti dopo tre e mezzo; il ritmo è coinvolgente la voce maligna del “Demolition Man” si sovrappone perfettamente all’alchimia diabolica ricreata da Mantas ed Antton, con un chorus semplice ma d’impatto.

Con questo disco la band sembra voler creare appositamente un’atmosfera di fondo per i suoi brani, lo stesso sound generale lo fa intendere, a tratti quasi impastato, con una batteria che martella incessantemente, una chitarra dalla distorsione assoluta che sa anche deliziare con ottimi solo ed un voce graffiante e tenebrosa.

“Snake Pit” è il brano più motorheadiano del cd se così possiamo definirlo, una sorta di sfrenato rock ‘n roll nello stile di queste icone del metal estremo che non potrà non farvi scuotere le viscere per il suo ritmo incontrollato; si prosegue con “All Hail”, altra traccia dal groove coinvolgente che prende l’ascoltatore sin dalle prime note con un buon giro di chitarra.

Un altro punto a favore della band è il fatto che hanno costituito un’ opera che non stanca l’ascolto grazie ad un continuo cambio ritmico e di sound, esempio lampante ne è l’inaspettato giro blues acustico con tanto di slide che introduce “Devil”, ottimo brano che sovrappone al giro blues le ritmiche serrate e massicce del lato più oscuro della sei corde di Mantas.

Un bellissimo tributo al blues in chiave Mpire Of Evil.

Con “Shockwave” si accelerano ulteriormente i tempi, quasi a voler recuperare la decelerazione del brano precedente; la traccia scorre in tutta fretta per garantire un massacro sonoro in piena regola.

A seguire “The 8th Gate”, un pezzo di otto minuti circa, dall’intro elaborato ed inquietante che si sprigiona con un riff punta più sulla marzialità piuttosto che sulla velocità, infatti sarà questa cadenza incisiva della ritmica a farla da padrona; con questa canzone si trova conferma di una vena compositiva varia e di buon gusto che fa presagire un roseo futuro per questa band.

A concludere questo scrigno di malvagità trascritta in musica abbiamo “Mpire”, traccia che riprende vagamente l’arpeggio del brano precedente che ancora una volta si scatena in un altro brano dal taglio massiccio ed efficace.

Un disco che colpisce nel segno per la sua semplicità, senza troppe pretese questo album si preoccupa unicamente di far male ed è quello che fa.

Le chitarre di Mantas sanno emozionare, la voce di Dolan graffia quanto basta esponendosi nella sua versatilità ed Antton non fa altro che sorreggere i tempi di questa macchina del Male; insomma, per quanto mi riguarda questa è un’uscita più che buona, i brani rimangono in testa, cinquanta minuti scorrono lisci come l’olio ed il sound è perfino grezzo come quello dei vecchi Venom.

Debutto promosso per questi “ragazzoni” che ricominciano con un nuovo progetto senza rinnegare da dove vengono ma tenendo bene a mente dove vogliono arrivare.

 

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