Attendevo con una certa trepidazione di poter finalmente ascoltare l’annunciato nuovo disco dei leggendari thrashers Death Angel, il primo dopo ben 14 anni dalla pubblicazione di “Act III”, l’ultimo album prima dello scioglimento avvenuto nello stesso 1990.
Prima di inserire il promo nel lettore ho avuto un momento di esitazione… e se si fosse rivelato una delusione? Constatando argutamente che vi era un unico modo per scoprirlo, ho premuto il tasto play e… dopo i primi tre pezzi mi sono ritrovato a saltellare per il corridoio improvvisando assoli di “air guitar”!

L’opener “Thrown to the Wolves” (veloce, cattiva e con un grande chorus), la successiva “5 Steps of Freedom” (ricca di assoli, stop’n’go e cambi di tempo) e la frenetica “Thicker Than Blood” (molto in stile “Act III”, e con Osegueda sugli scudi) compongono infatti un trittico iniziale strepitoso, in grado di sciogliere immediatamente ogni dubbio sull’effettiva “riuscita” della reunion.
Al succitato trio seguono i due pezzi più “atipici” del disco, vale a dire “The Devil Incarnate” (ipnotica e dal testo assai sinistro) e “Famine” (la più diretta e semplice del lotto): due canzoni senz’altro particolari, se vogliamo inusuali per i Death Angel, ma che tuttavia vi si insinueranno inesorabilmente nel cervello.
Tutto il resto del disco si mantiene poi su livelli ottimi (quando non addirittura eccellenti), ed ogni pezzo merita di essere citato: il minaccioso thrash di “Prophecy”, la pimpante e rockeggiante “No”, la splendida, melodica “Spirit” (con Andy Galeon alle vocals ed un assolo memorabile di Cavestany), la veloce “Land of Blood” (dove al microfono troviamo invece Dennis Pepa), sono solo alcune delle molteplici facce di un lavoro davvero molto vario ed ispirato.
La complessa “Never Me” (uno dei pezzi pià curati dell’intero disco) e la bellissima semi-ballad “Word to the Wise” (dove ritroviamo la chitarra acustica e la voce di Rob Cavestany) concludono infine un disco che, direi, rende pienamente giustizia al grandissimo talento della band di origine filippina.

La produzione è volutamente vecchio stile, lontana dai suoni iperprodotti e finti che ammorbano la maggior parte delle uscite degli ultimi anni, e la cosa non può che rendere estremamente felice il sottoscritto. Non fatevi comunque trarre in inganno: “vecchio stile” non significa “moscia”, il tiro dei pezzi non è in nessun modo danneggiato, ed anzi il suono “live” dona al disco una genuinità ancora maggiore.

Insomma, per quanto mi riguarda la band di San Francisco è tornata alla grande con un album che non fa che confermare l’ottima impressione avuta nei recenti concerti live cui ho potuto assistere: stilisticamente il disco porta al 100% il marchio Death Angel, e riesce con successo a coniugare, in un certo senso, l’aggressività e la carica del debut “The Ultra-Violence” con la maturità e la varietà sonora di “Act III”.
Che altro dire… dopo l’ottimo “Tempo of the Damned” degli Exodus, un’altra leggenda del thrash bay area torna a farsi sentire, e lo fa con un disco davvero convincente e vitale: in altre parole, BUY OR DIE!!

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