Solitamente si dice che il terzo album e’ quello piu’ importante per una band poiche’ e’ il lavoro che potrebbe affossarla del tutto, innalzarla definitivamente o inserirla nell'”albo dei mediocri” con caratteri sbiaditi…
Personalmente non credo molto a questo luogo comune, tuttavia se cosi’ fosse i Darzamat dovrebbero fare i conti con la loro situazione un po’ precaria. Se infatti ultimamente c’e’ stato parecchio interesse nei confronti di questi ragazzi (da poco sono stati ristampati i loro primi due album in versione “deluxe”), questa terza fatica potrebbe lasciare delusi, ed inoltre la band stessa sta evidentemente cercando una strada che per ora non trova. Non che questo “Oniriad” sia un disastro, sia chiaro, tuttavia e’ innegabile che esso lasci una certa sensazione di insoddisfazione… Ma andiamo con ordine!
I nove pezzi che compongono il lavoro spaziano tantissimo e, pur causando un certo fastidio iniziale, alla fine e’ proprio grazie a questo che il lavoro si salva (e si merita la sufficienza). Mentre i primi tre brani sono infatti chiaramente inseriti nel filone del “gothic decadente e romantico” (in pratica tastiere e violini sintetizzati che si stagliano su cantato femminile e maschile con chitarre che ogni tanto reclamano la scena), poi assistiamo ad improvvisi cambi di atmosfere… Già, perche’ dopo l’opener che annoia mortalmente (e’ forse il peggior pezzo del disco), dopo “The longest journey” che e’ gia’ molto meglio coi suoi sprazzi di energia capaci di risollevare il brano dal “pantano” del goth che copia senza un minimo di ispirazione cio’ che i padrini del genere facevano anni fa, dopo “Nameless” che si colloca a meta’ strada tra le due composizioni (e che e’ rovinata da una criticabile prestazione della voce maschile, che non convince mai in tutto il disco ed oltretutto e’ sempre pulita, il che rende ancora piu’ evidente il difetto!!), bene, dopo tutto questo c’e’ “Beauty”, un pezzo decisamente interessante ma che non ha nulla a che fare con quanto abbiamo ascoltato prima…
Praticamente e’ un pezzo trip hop che deve tantissimo (se non tutto) ai Portishead !! La cosa lascia un po’ stupiti, ma il brano e’ decisamente migliore di quelli che lo hanno preceduto, quindi ben venga… Come se tutto questo non bastasse, poi, si passa alla successiva “Time” e ci si stranisce ancora di piu’!!! D’altronde come non rimanere colpiti almeno un pochino da un pezzo che inizia con degli archi che poi si uniscono ad una drum machine e a dei beats electro tipici dei pezzi “dark ballabili” (non storcano il naso i puristi, e’ evidente che un certo tipo di electro sia entrato in contatto col dark, che poi questo lo abbia “imbastardito” o meno dipende dalle singole opinioni) che accompagnano la voce femminile e lasciano spazio ai chitarroni quando canta la voce maschile ? Si, avete capito bene, il contrasto tra voce femminile e voce maschile e’ accentuato da ritmiche danzerecce electro che accompagnano la prima e ritmiche piu’ pesanti e chitarrose che accompagnano la seconda !!!
Il risultato e’ indubbiamente molto particolare, magari da affinare, ma e’ tutto sommato interessante. Si torna poi su canoni goth “normali” con i due successivi brani (poco interessante il primo, migliore “When the dreams died”, arricchito da molti effetti elettronici e caratterizzato da un attacco che ricorda la sigla del vecchio Supercar). Non male neanche “Elegy”, penultimo brano del disco permeato da atmosfere folk che accompagnano il gothic canonico sentito finora (se i Darzamat vogliono rimanere nel genere che li ha caratterizzati fino ad oggi penso che questa sia la migliore via di sviluppo che possono avere).
Degna conclusione infine e’ “Soporific”, un brano decisamente atmosferico caratterizzato dai vocalizzi femminili e dall’assenza di chitarre e voce maschile.

Capito ora perche’ dicevo che c’era un po’ di tutto in “Oniriad” e perche’ affermavo che i Darzamat devono riflettere? Le possibili vie di evoluzione del gruppo sono tante, dall’utilizzo piu’ “massiccio” dell’elettronica all’aumento della componente folk, tuttavia se la band rimarra’ sui tipici canoni del goth non potra’ che sparire in breve tempo (i pezzi costruiti in questa maniera sono totalmente senza inventiva e non sono capaci neanche di catturare l’ascoltatore che ama queste sonorita’).
Globalmente percio’ mi sembra opportuno assegnare un bel 6, che bilancia le (non poche) buone idee ed i (non pochi) fallimenti… Il futuro ci rivelerà cosa accadra’ ai Darzamat…

Sauro Bartolucci

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