Sarà che, con una lunga attesa, le aspettative tendono a salire, ma onestamente da questo disco mi aspettavo qualche cosa di più.
Per trovare l’ultimo disco ufficiale della omonima band del virtuoso chitarrista David T. Chastain dobbiamo tornare indietro fino al 1997, anno di pubblicazione del discusso (ma ottimo) “In Dementia”, disco che segnò l’entrata in scena della bionda Kate French al posto della “storica” cantante Leather Leone.
Disco diverso dai precedenti, più moderno e volendo anche più personale, “In Dementia” suscitò reazioni contrastanti fra i fan di vecchia data ma sicuramente si rivelò un episodio riuscito e molto promettente.
Purtroppo, con David impegnato in numerosi altri progetti, il secondo capitolo del “nuovo corso” dei Chastain si fece attendere per lungo tempo, vedendo la luce soltanto ora a 7 anni di distanza.
Con un periodo di incubazione così prolungato, e date le più che incoraggianti premesse di “In Dementia”, sarebbe stato lecito aspettarsi un lavoro che portasse ad ulteriore maturazione le linee guida del predecessore.
Ebbene, non è andata proprio così. “In an Outrage” non è per nessun motivo un disco brutto, ma non è neppure quel “salto di qualità” che ci si sarebbe potuti attendere.
I brani riusciti non mancano, come ad esempio l’ottimo trittico iniziale “In an Outrage”,”Malicious Pigs” (pezzo migliore del disco) e “Lucky to Be Alive”: quello che manca però all’album è una dinamica di insieme, una varietà che gli consenta di evitare cali di tensione.
Già a questo punto, infatti, si inizia ad avvertire una certa staticità del suono, che il non troppo originale esotismo di “Souls the Sun” non riesce a dissipare.
Tutto il resto del disco si mantiene poi a livelli costanti, senza un brano che risvegli particolarmente l’attenzione (con anzi il ripetitivo mestiere di “Women are Wicked”) ma senza neppure scadere nella noia più cieca.
Gli assoli di David sono al solito interessanti, e rappresentano uno degli aspetti migliori dei disco, mentre più altalenante è la qualità delle ritmiche, non sempre ispirate; la voce della bella Kate è praticamente sempre aggressiva, roca, ringhiante, e se da un lato questo ben si adatta ai brani più veloci, nei brani più cadenzati si sente molto la mancanza di una varietà espressiva che pure la cantante ha dimostrato in passato di possedere.
L’impressione che si ha è quindi quella di un lavoro riuscito a metà, che guadagna punti con una sezione ritmica ineccepibile (entrambi ex-Vicious Rumors) ma che vanifica molto con una sorta di involuzione, svogliatezza o forse insufficiente ricerca, a livello di ricchezza sonora e compositiva.
Laddove “In Dementia” (che consiglio a tutti di recuperare) riusciva a spaziare con citazioni e atmosfere eterogenee (i controcanti di “Blackening”, il wah-wah di “Sick Puppy”, l’acida “House of Stone” e soprattutto la splendida “Desperately”, per citarne alcune), “In an Outrage” sceglie di puntare prevalentemente sull’impatto e sulla pesantezza: una scelta pagante, ma solo in parte.
6 politico.

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