Non è mai stato semplice affrontare un album di una band del calibro dei BLACK SABBATH, ma questo gruppo storico è talmente vissuto, amalgamandosi nel tempo con lo stile e con il sound, che non si può non soffermarsi almeno una volta nella vita a non ascoltarne qualcosa. Parliamo di quasi quindici anni di assenza, dalla pubblicazione dell’ultimo album “Forbidden” vale a dire dal 1995 fino ad oggi. Ripercorrendo la scena metal che ha consacrato i Black Sabbath all’heavy metal come i principali successori di Ronnie James Dio fin dai tempi di Heaven and hell oltre che i padri fondatori dell’heavy doom, ciò che salta all’occhio sono le sfortunate vicissitudini che hanno coinvolto la band nel corso degli ultimi quindici anni di carriera. Basti pensare in primis all’uscita di scena di Bill Ward, che ha compromesso non poco le questioni artistiche della band, i problemi di gola, di droga e chissà cos’altro di Ozzy e la malattia di Tony Iommi che continua ad essere sotto controllo costante dai fans. Non ci è dato sapere come Ozzy e soci abbiano potuto partorire un album del genere dopo tutta una serie di disavventure come quelle sopracitate, ma lo stesso Mr. Osbourne dichiara: “Questo disco nasce ora, perché tra poco tutti sarebbero stati troppo vecchi per farlo..” [n.d.r.]

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La parte più interessante di questo disco è senza dubbio quella dei contenuti. I titoli sembrano essere scritti e posizionati in una determinata successione ragionata, su un percorso di conclusione dall’origine fino alla fine . “End Of The Beginning” L’inizio della fine. Un chiaro riferimento al discorso anticipato qualche riga più su, riguardo al fatto che probabilmente con questo album si chiude l’era Black Sabbath. Un brano volutamente iniziale e piuttosto sentito in quanto recita un verso del testo: <<Trasformare il tempo e lo spazio al di là del controllo, ribellarsi e resistere di essere il padrone del tuo destino…>> e l’atmosfera lenta poi in ripresa veloce fa intendere il messaggio che i nostri B-S vogliono trasmettere. Il secondo brano “God Is Dead” ci riporta ad un esame di coscienza sulla questione dell’esistenza di un qualsiasi tipo di Dio per quanto si voglia credere, un viaggio mentale, distribuito su varie forme di disperazione e ricerca del proprio essere interiore. Dunque vale a dire: <<Per salvaguardare la mia filosofia, fino al mio ultimo respiro, mi trasferisco dalla realtà di una morte mentale. Ho empatia con il nemico fino a quando è il momento giusto con Dio e Satana al mio fianco……>> .  E finalmente con il secondo pezzo, il disco inizia a prendere forma in velocità grazie al riff di Iommi nell’ intermezzo da brivido in modalità stoner.  La voce di Ozzy leggermente sottovalutata per la sua età, resta nella solita chiave  gracidante come siamo abituati a sentirla, ma senza la minima stonatura. Il “buon vecchio Osbourne” è ancora assai intonatissimo. Un altro pezzo interessante è “Zeitgeist” quarta traccia del disco, essa si riconduce perfettamente ad alcune parti della psichedelissima “Planet Caravan” presente del disco “Paranoid”. Anche in questo caso, arpeggio iniziale da brivido e via via il susseguirsi dei corridoi più densi del doom estremo con i riff pesanti di Iommi che va a pari passo con Geezer, anche se forse potevano evitare di fare un altro brano simile, visto che la pietra miliare come Planet Caravan è già presente nel mondo metal e non avevamo bisogno di avere ancora un pezzo di tale calibro sul mercato discografico dei Black Sabbath. Tuttavia resta un magnifico viaggio interstellare,  condito dall’atmosfera psichedelica sapientemente ricostruita a regola d’arte: <<Le corde della paura si nascondono all’interno della razza umana. Le risposte sono interrate. L’amore che sento come io volo all’infinito nello spazio…>>. Da “Zeitgeist” passando per “Age Of Reason” fino a “Damaged Of soul”, incontriamo dunque la parentesi dei ragionamenti mentali costruiti da Ozzy, che segnano il corso della sua vita, spesa tra vizi e stravizi arrivando alla stanchezza dell’anima e un livello di interiorità tale per sentirsi soddisfatto comunque e in tutti i sensi, anche se preso ancora da mille paure perché infondo siamo tutti umani e la caricata Damage, fa capire quanta rabbia interiore ci sia in realtà ancora da sfogare e purtroppo ha subito determinati danni esistenziali. Allora prende confidenza con gli stessi Dio e Satana giocando con loro in una sorta di battaglia all’ultimo sangue e infine arrivando alla totale devozione di Ozzy a Satana, dunque: <<La mano di Morte e il pazzo, non posso sopportare la luce del giorno guardando tutte le vittime in ginocchio come pregano. Dio dell’Onnipotente non risponde mai alle loro chiamate, Satana è solo in attesa per il giusto cadere e per cadere a lui….>> . Il controverso 13 si chiude con “Dear Father” che, al contrario di quanto ci si può aspettare, non è affatto una canzone d’amore rivolta verso il proprio padre naturale, ma bensì un vero e proprio sfogo rivolto al Dio che tutti conosciamo e quindi la rinascita della totale devozione di Mr.O.  a Satana. In questo brano Ozzy se la prende come un fiume in piena con Dio concludendo l’intero platter come a farci intendere che è stato meravigliosamente tutto bellissimo, ma prima o poi finisce: <<Hai preso possesso mentre confessavo i miei peccati. E ora si deve affrontare qualunque porta.  Sì caro padre sai quello che stavi facendo in silenzio. La tua violenza ha lasciato la mia vita in rovina…..>>
Di 13 esistono due versioni. La prima è la DeLuxe version che contiene altri tre brani vale a dire: “Methadermic”, “Peace Of Mind” e “Pariah”. La seconda è la versione Best Buy, alla quale si aggiunge “Naivetè In Black” per un totale di cinquantadue minuti e trentadue secondi di ascolto. Vediamo dunque  l’ingresso di uno spavaldo Brad Wilk alle pelli, che a suo tempo militava con gli incazzatissimi Rage Against The Machine, quindi un perfetto elemento per completare gli Ozzy e soci che si sono visti tramontare l’era del virtuosismo con Ward. Toni data la sua malattia, quindi forse il più giustificabile, ha saputo comunque rendere sapientemente godibile il sound dei suoi riff, con la sua solita perfezione da mostro umano sul manico della chitarra. Ovviamente Butler con il basso non lo è da meno e Mr. Ozzy a più di settant’anni suonati resta sempre sulla vetta di uno dei più discussi artisti nella scena metal a livello mondiale. Rispetto ai precedenti questo album, non è certamente il capolavoro che molti si aspettavano, in quanto Mr. O. e soci ne hanno fatte di altre di pietre miliari destinate a rimanere indissolubili nel tempo, tuttavia rimane un ottimo prodotto, melodicamente parlando.

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