“Hystero Demonopathy” è il nuovo lavoro di Bartoccetti e co. (Antonius Rex), che nonostante la sua carriera ben nota nel mondo occult prog, torna in una veste più o meno rinnovata. Rinnovata per due motivi: all’interno del disco non solo troviamo RexAnthony alle tastiere, che, nonostante sia conosciuto per il mondo techno/elettronico ed abbia già comunque collaborato con suo padre, ha saputo accompagnare il padre in questo disco in maniera appropriata, non influenzando o distorcendo l’album, quindi non lo ha fatto risultare volgare e appesantito, ma troviamo una componente femminile, anzi componenti femminili , che avranno un ruolo più che determinante per questo concept. Relativamente alla presenza di RexAnthony, come sostiene caldamente Bartoccetti , l’elettronica, quindi l’informatica, sarà un baluardo per il futuro, sarà indispensabile per il progresso e chi rimane dell’idea che l’elettronica sia in controtendenza rimarrà indietro , senza evoluzione. Ed ecco quindi che il tocco familiare di RexAnthony diviene quasi un ornamento nuovo, accuratamente posto fra le righe di libere e metalliche di un padre scatenato su esperti e maturi colpi di Gibson.

Ma cosa c’è di davvero importante o forse di così occulto in questo album, sonorità e ricerca esoterica a parte, per farlo decretare come uno dei migliori lavori di A.R.? Semplice: il demonio come donna, e proprio relativamente a tale argomento la presenza nella line up della medium Monika Tasnad ed il terrificante documentario della possessione di Sandra B, fanno comprendere perfettamente l’intenzione del concept: la paura, come sostantivo e soggetto femminile, come sempre e da sempre, in primo piano. Obiettivo pubblicitario e commerciale? No, niente di tutto questo. La particolarità e la sapienza di Bartoccetti, che non è di certo un musicista di primo pelo, ma ha due attributi grandi così relativamente al “sapere fare occult prog” essendone uno dei più importanti esponenti, è quella di saper far immergere nel proprio mondo terribilmente misterioso ed esoterico, come se fosse un invito obbligato, esplorarne i più segreti spazi ed angoli, rimanendone incantati e posseduti.

Nell’ immaginario collettivo il demonio è pressoché rappresentato come qualcosa che va contro qualcosa di casto e pulito, contro le cose buone, contro la moralità: il demonio è colui che sodomizza , che crea morte, che distrugge a modo suo e si impossessa di quello che vuole. E quindi in questo caso la donna isterica, impossessata dal demonio, è colei che assume una duplice faccia: la possessione fa inevitabilmente apparire come figura demoniaca, così a confondere l’idea stereotipata che la donna sia qualcosa da possedere, schiavizzandola, senza rendersi conto che possedendola, diviene lei stessa il vero demonio. Mi sono dilungata sulla spiegazione, perché ritengo che l’argomento cardine del disco sia proprio questo e che ne sia la fonte di ispirazione. In fondo in un’ epoca dove la donna viene maltrattata, torturata, uccisa, come se fosse una strega terribile da cui liberarsi, ecco che A.R. rivaluta la figura della donna, come qualcosa che incuta terrore e scuota le menti all’ascolto ed anche alla visione grazie al documentario dal punto di vista razional-visuale. E l’album è stregato a parer mio proprio per questo. Oltre ad aver dato carisma e personalità sonora a questo lavoro attraverso i sussurri ed urla strazianti femminili, Bartoccetti interviene con la sua voce nell’ omelia demoniaca in Disincantation: una sorta di Fausto Maria Martini dei nostri tempi, ovvero colui che diede vita a Rapsodia Satanica, che poi si riprenderà in The Fatal Letter , prima dell’epilogo in Possaction, dove la tastiera solenne ed oppressiva e una ritmata marcia incalzante, aprono la strada alle urla strazianti di Sandra B ed alla sua possessione.
L’album si compone di parti che richiamano colonne sonore dei più cult dei film erotic-horror sino a quelli più surreali. Possiamo passare da un atmosfera sanguinaria e satanica come in Alucarda per arrivarne ad una più inquietante e desaturizzata come se ci trovassimo nel bel mezzo di Repulsion di Polanski , all’interno di quel corridoio così allucinante e così attraente. Una sapiente miscela psichedelica e di suspance:, più che psichedelico direi “Psychodelico”, ma questo aggettivo varrà a parer mio per tutto l’album (In Suicide Goth la sensazione della suspence direi che sia più che tangibile).

In sostanza, ho voluto non divagare, ma paragonare caratteristiche cinefile e musicali proprio per sottolineare l’importanza descrittiva ed il valore profondo di questo disco e dei suoi autori ed attori: la loro interpretazione e la maestria della “regia Bartocettiana” sono a livelli molto alti. Al di là della tematica azzeccata per questi tempi, a cui sembra di assistere a quelli dell’epoca dei roghi e delle streghe ( in sostanza i tempi non cambiano mai) , la comparsa di un elemento come quello techno elettronico, quindi innovativo, potrebbe essere letto non soltanto come : “ci vuole innovazione”, ma fa risultare e risaltare di come nonostante i tempi cambino a livello sonoro, non cambino a livello sociale, facendoci catapultare in un mondo demoniaco d’altri tempi, ora barocco, ora melodico, ora funereo, ma pur sempre attuale. Erotico ed ipnotico, graffiante e roccioso, sorprendente e profondo, oscuro ed esoterico. Racchiude il meglio di una linea rock psichedelica arricchita da preziosi sussurri femminili e da variazioni industrial sapientemente incastonate in una atmosfera tremendamente sulfurea. E’ una magia profonda quella che si instaura non solo fra gli strumenti e gli stili dell’album, ma anche quella che si instaura tra ascoltatore e disco.

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