Primo album per la Code666 dei nostrani Aborym, una delle poche band capaci di restare perennemente nel centro dell’attenzione (sia musicalmente sia per alcune dichiarazioni del leader Fabban). Il genere proposto, sin dai loro esordi con la Scarlet, è un industrial black metal assai apocalittico e disturbante per le melodie proposte. Dire che questo connubbio fra industrial e black metal è ben riuscito (in quasi tutte le canzoni) è poco. Indubbiamente è una proposta musicale che in pochi apprezzano, sopratutto le
persone che sono aperte a nuove sonorità, invece coloro i quali fanno del true norvegian black il proprio credo dovrebbero stare alla larga da questo prodotto.
In questi 65 minuti di musica regnano odio, disprezzo e violenza… il tutto sotto forma musicale; si va dal black melodico farcito da samplers prettamente industrial a mazzate black incazzatissime, da momenti calmi ed atmosferici a momenti techno (?!?)! Ok, alcune soluzioni adottate non sono il massimo (ad esempio alcuni filtri sul cantato, il cantato di per se e le parti techno che io odio) però è sicuramente da apprezzare la bravura nel far convivere elementi così diversi fra loro musicalmente, perchè ideologicamente si tratta pur sempre di violenza sonora. Si va dall’ottima intro “Antichristian Codec” alle prime tre canzoni buone “With No human Intervention”, “U.V. Impaler” e “Humechanics-virus”, un buon black melodico farcito da samplers industrial, per poi crollare totalmente col minestrone di techno-industrial della seguente “Does Not Compute” (ma perchè rovinare così un disco???) per poi riprendersi leggermente con la mediocre “Faustian Spirit Of The Earth” la quale vuole essere una scopiazzatura dei Dimmu Borgir.
Ottima è invece “Digital Goat Masque” (presente anche nella compilation “Better Undead than Alive” che vede ospite Nattefrost) con le sue tastiere psicotiche e disturbanti. Ottimamente comincia anche la seguente “The Triumph” che ci presenta degli Aborym nuovi, atmosferici, quasi gotici nella prima parte, per poi tornare alle sonorità black verso la metà della canzone per infine sfociare nella musica elettronica e banale con tanto di mugolii di piacere femminili verso la fine.
Segue un altro trittico di canzoni buone, anche se un po’ monotone, formato da “Black Hole Spell”, “Me[n]tal Striken Terror Action 2” e “Out Of Shell” per poi tornare in territori techno-industrial (questa volta però meno monotoni e più interessanti, per via del cantato e dei synths che ben si adattano alla base techno).
A concludere il tutto troviamo “The Alienation of a Blackened heart”, altra canzone di buon melodic-black-industrial ed una outro “Automatik Rave’olution Satan”.

Insomma è un disco composto da buone canzoni, da alcune poco originali e da un paio che non avrebbero dovuto esserci. Se siete dei fan degli Aborym acquistatelo pure, se non siete loro fan dategli anche un’ascoltata tralasciando le dichiarazioni che spesso fanno (qui si parla di musica e basta). Se poi siete contrari alle contaminazioni e siete convinti che il black non possa essere minimamente accostato alla musica elettronica, allora statene alla larga!

Eugenio Morra

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