Esistono compilation che non propongono nulla di nuovo, limitandosi a riproporre canzoni tratte da studio-albums, ed esistono compilation, come questa, che propongono rarità, rimasterizzazioni e demo-tracks. La Code666, a mio avviso, è un’ottima casa discografica in quanto ha scritturati gruppi fuori dal comune, alcuni dei quali adoro, che fanno dell’originalità il proprio credo.
Quindi in questo doppio cd ritroveremo le melodie disturbanti dei Void of Silence (se non li conoscete leggetevi la recensione del loro ultimo disco su queste pagine), l’industrial-black degli Aborym, gli extraterrestri Atrox, la pura cattiveria dei Diabolicum, il black intelligente dei Thee Maldoror Collective e degli Ephel Duath ed il raffinato prog-fusion degli Aghora. Ma attenzione, la compilation non è composta solo da questi gruppi, bensì anche da nuove leve o gruppi meno conosciuti.
Leggendo le note promozionali questa compilation vorrebbe essere una vera e propria colonna sonora della Code666, vorrebbe rappresentare l’essenza dell’etichetta e dei gruppi da essa scritturati e, a mio avviso, ci riesce alla grande. Negli oltre 120 minuti di musica racchiusi nei due cd di “Better Dead Than Alive” troviamo la creatura di Riccardo Conforti, i Void Of Silence, che ha l’onore di aprire il primo disco con la strumentale “The Undead Overture”, una sorta di intro, e chiudere il tutto (ossia il secondo disco) con “Undead Manifesto”, quindi una outro; due canzoni a dir poco stupende che sottolineano le sfaccettature dark-industrial del gruppo. Sempre nel primo disco, inoltre, troviamo una rimasterizzazione di “The Ultimate Supreme Intelligence” tratta da “Criteria ov 666”.
A seguire arrivano gli Aborym, creatura la quale ha la capacità di catalizzare tutta l’attenzione su di sè (nel bene o nel male) che si propone col suo miscuglio black-industrial efficace e maligno, con una canzone che finirà sul loro prossimo “With No Human Intervention”: “Digital Goat Mask” nella quale troviamo in veste di ospite Nattefrost dei grandiosi Carpathian Forest; e con una versione remix alquanto irritante di “Love the Death as The Life”, peccato.
Che dire dei Diabolicum e della loro super irritante batteria elettronica? Sanno esser cattivi, originali se vogliamo, ma “Heavens Die” e “Thermonuclear XTC” proprio non le digerisco. Tutto d’un tratto il mondo mi cade sulle spalle, mi sento oppresso, che cosa sta succedendo? I Thee Maldoror Collective mi hanno colpito in pieno col loro incrocio di black metal ed industrial, sorretto da un folle uso del synth.
Una gradita sorpresa è rappresentata dai Rakoth, fra le nuove leve della Code666, i quali suonano un bel folk metal molto orecchiabile e dalle melodie ben curate e scanzonate in “Return of The Nameless” ed un incrocio fra folk-black e dark in “L’Honglath”, davvero una sorpresa! Black/death old school per gli svedesi Bloodshed i quali, con le loro “Death by Hanging” e “Act Of Retaliation”, contribuiscono a mantenere buono il livello musicale di questa compilation.
Altra gradevole sorpresa è rappresentata dagli Enid, tedeschi, che fanno ben sperare col loro “metallic fantasy art metal” (black-death-doom-epic direi) e con le loro due canzoni, “Exemption” (la quale sicuramente è nata come intro” e “Land of The lost”. Direttamente dalla terra del vampiro più famoso della storia arrivano i Negura Bunget, col loro primitive transylvanian metal ed una sola canzone, “Vazduh”, che fa delle melodie di chitarra tetre ed agghiaccianti e di una produzione sporca il suo punto di forza.
Il black metal degli Handful of Hate, invece, risulta essere un po’ troppo noioso e poco originale purtroppo….. ma a risollevare il tutto veniamo travolti dall’avantgarde black metal degli Ephel Duath, altro gruppo di cui l’italia dovrebbe andar fiera, con una rimasterizzazione di “Embossed” tratta dall’album “Phormula”.
Stranissimi anche i norvegesi Manes che hanno il compito di aprire il secondo cd col loro “unknown and undefinited” style (come lo definiscono loro), un misto di jungle e chitarre distorte difficile da descrivere ma da ascoltare sicuramente data l’originalità. Davvero ottima la prova degli Unmoored col loro death metal orecchiabile e potente che si distacca, in qualità ed in stile, dalla prova degli australiani Abortus che ci regalano l’episodio più brutto dei due dischi.
Tutti questi gruppi sono uniti da un unico filo conduttore rappresentato dalla proposta musicale, ovvero musica estrema a tematiche estreme; per questo ho lasciato per ultimi gli Aghora, gruppo prog-fusion in cui hanno militato addirittura Sean Malone e Sean Reinert (alzi la mano chi non li conosce!), presenti con una bella versione live di “Immortal Bliss” (ma con una line-up rinnovata purtroppo) e gli extraterrestri Atrox, uno dei gruppi più difficili da definire, da ascoltare, e da capire dell’intera storia della musica presenti con due canzoni: “Lay” rimasterizzata da “Terrestrials” ed un’inedita “Dead End” la quale ci presenta gli Atrox come non li abbiamo mai ascoltati, degli Atrox che suonano musica potente e diretta tralasciando gli sperintamelismi sia strumentali che vocali (Monika ha una voce davvero spaventosa!).

Dopo questa lunghissima recensione (vi siete stancati?) concludo informandovi sul fatto che, nel secondo disco, è presente anche una traccia ROM.
Tutti avranno capito che non si tratta solamente di una pura e semplice compilation dimostrativa, ma di una raccolta di materiale inedito che tutti i fans dei gruppi qui contenuti non devono lasciarsi scappare.
Cosa dire invece a chi non conosce nessuno dei gruppi proposti in “Better Undead Than Alive”? Beh l’acquisto è da valutare attentamente, ascoltatela per farvi un’idea generale ma tenete presente il fatto che alcuni dischi di alcuni gruppi qui presenti sono da avere assolutamente (vedi Void Of Silence, Atrox, Thee Maldoror Collective, Ephel Duath ed Aghora)!

Eugenio Morra

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