Nell’era musicale corrente, l’ascolto di un disco come “Fears” potrebbe essere causa di due reazioni distanti e diametralmente opposte: nostalgia ed headbanging irrefrenabile vs. rabbia per la sfrontata “onestà” con cui le influenze vengono palesate. Semplicemente thrash, senza incisi nè precisazioni di altro genere. Si respira aria del made in U.S.A. nei quaranta minuti scarsi del disco in questione che, senza alcuna maschera nè strafalcioni da primo disco, consegnano una band che ha ben studiato e compreso alla perfezione la lezione impartita anni orsono da band quali Slayer, Testament ed, in particolare, Pantera. L’eco ingombrante della band di Phil Anselmo, volenti o nolenti, fa più volte capolinea tra le note di un disco che a volte sembra addirittura assumere sembianze del “tributo che funziona”, complice anche uno stile vocale rasentante il plagio. I brani, stilisticamente omogenei ed ampiamente godibili, risultano tutti molto compatti (salvo perdersi nello zuccheroso stile di una “Black Angel” da rivedere) con violenza ed aggressività dosate senza mezzi termini. Il risultato? Prevedibile ma incalzante e piacevole per chi, con questi presupposti, non riesce a rimanere indifferente. Aiutati da una produzione, rapportata alla media, accettabile, i quattro ragazzi pugliesi forniscono una prova che ha la sua croce e delizia nel risultare sufficientemente media. Per quanto il genere in questione possa fondare su attitudine e songwriting ben definiti, sprecare doti tecniche non trascurabili in una proposta ben suonata ma dominata da aridità di fantasia rimane troppo poco. Passi la prima.