Quando nel 2000 Jordi Sandalinas contattò Andy LaRocque (chitarrista di King Diamond per i più smemorati) e gli fece sentire qualcuna delle sue composizioni il primo passo per la creazione di ciò che è adesso nelle mie mani era già compiuto. LaRocque infatti rimase subito favorevolmente colpito dalla proposta del chitarrista spagnolo decidendo non solo di produrre il suo debutto discografico ma addirittura di parteciparvi (segnatamente nelle tracce “All Along The Everglades” e “If It Wasn’t For You”).

Nella presentazione di quello che dopo tanto lavoro è venuto fuori si parla di hard rock e di gruppi del calibro di Rainbow, Iron Maiden e Black Sabbath, nonchè di Malmsteen e Uli Jon Roth e perfino delle melodie di Ten e Harem Scarem… la solita promozione, ovviamente. Il quintetto, che oltre al già citato Jordi comprende il cantante Apollo Papathanasio (Time Requiem, Meduza, Faith Taboo), il batterista Daniel Moilanen (Runemagick, Relevant Few, Notre Dame) e i meno noti (a me) Victor “Victory” alla seconda chitarra e Fran Duarte al basso, propone si una miscela a cavallo tra hard rock “guitar oriented” e metal melodico ma sinceramente, escludendo i Ten, non mi è sembrato di scorgere nessuno degli artisti citati, perlomeno non in maniera sfacciata e dominante, e questo di questi tempi è già di per sè un pregio.

I pezzi sono tutti immediati e facilmente memorizzabili ma difettano di quel quid in più capace di far fare al disco quel salto di qualità che spinga ad avere voglia di sentirlo e risentirlo. In questa prospettiva il vero merito di “Living On The Edge” è quindi quello di durare solamente 38 minuti visto che, per la mancanza di stimoli particolari, una durata eccessiva avrebbe rischiato senza dubbio di annoiare a dismisura. Sinceramente è un peccato perchè francamente non si può certo dire che Jordi Sandalinas manchi delle capacità di scrivere dei pezzi altamente melodici nè si può imputare colpe al resto della formazione che è sempre precisa ed affidabile, e con un frontman capace di una prestazione davvero notevole, però alla fine della fiera ci si ritrova con un disco certamente piacevole ma che scivola via senza lasciare di sè tracce consistenti.

Il meglio secondo me lo si trova nelle tracce più cadenzate, come la titletrack, “Follow Me” e ancora la ballad “Heaven In You” (che ha qualcosa che richiama effettivamente alla mente le splendide melodie dei Rainbow), quando invece si decide di premere il piedino sull’acceleratore come in “The Conquerer” o “Back In Time” (che certamente non mancheranno di raccogliere favori da parte di chi ricerca prevaletemente velocità a manetta) le cose cambiano e la noia purtroppo prevale.

In definitiva un debutto positivo e che vi consiglio comunque di testare; da parte mia un arrivederci ad un gruppo che sembra avere tutte le potenzialità per regalarci in futuro qualcosa di più memorabile.

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