Dal titolo di questo album e dalla copertina che raffigura un agguerrito e vendicativo Arcangelo Michele ci si aspetterebbe un album originale, se non altro “curioso”. Purtroppo però il debutto degli statunitensi Winter Solstice non si presenta né personale, né particolarmente interessante. Questo non è dovuto alla carenza strutturale o compositiva dell’album, ma al rispetto troppo fedele di certi clichè del metalcore, tanto da farlo sembrare un’ anonima copia di mille altri progetti. The Fall Of Rome è infatti un lavoro che segue molto pedissequamente certi trademark creati da altre band in campi che spaziano dal death svedese all’hardcore. Le fondamenta di questa musica poggiano su una terra battuta da riff cadenzati e aggressivi, che solo nella titletrack vengono frenati e distillati da un brano completamente acustico in perfetta linea con il miglior death svedese.
Ad accompagnare poi alla voce queste canzoni si presta un’ ugola pungente e velenosissima, che purtroppo alla lunga emerge solo per il suo aspetto monocorde, incapace di imprimere personalità ai pezzi, tanto da farli scorrere completamente indistinti gli uni dopo gli altri.
La vera originalità dei Winter Solstice sembra essere il concept, un’inedita lettura della caduta imperiale romana come prefigurazione dei giorni attuali. Peccato che questa lettura, oltre ad apparire ingenua, non riesca ad apportare nessuna influenza al resto del lavoro, che di conseguenza non può definirsi intrigante neanche sotto questo aspetto.
Questa mancanza di carattere da parte degli statunitensi è un vero peccato perché a livello compositivo e di produzione (sempre nitidissima) l’album non sarebbe affatto sgradevole, mostrando anche punti molto efficaci per quanto riguarda l’impatto.
Però in una scena congestionata dalle mille proposte la perfezione “sonora” non basta, e i Winter Solstice fanno ben poco per emergere dal gruppo.
Un album scorrevole, solido, carico di energia, ma senza nessun accenno di personalità.