“Criteria Ov 666”, le forme tramite cui il male si presenta ed agisce sull’uomo, nonchè secondo lavoro per i romani Void of Silence (il precedente “Toward The Dusk”, peraltro molto bello, è quasi sconosciuto, credo per la scarsa promozione della vecchia label), creatura partorita dalle menti di Riccardo Conforti ed Ivan Zara, creatura alquanto strana direi. Angoscia, oscurità, malessere e rabbia trasudano da ogni solco di questo disco, portando l’ascoltatore letteralmente in un’altra dimensione, un mondo tetro ed oscuro, dal quale è impossibile fuggire se non spingendo il tasto stop del nostro lettore.
Leggendo la loro biografia ho scoperto che i due si unirono nel 1999 con l’intento di creare della musica che contenesse sia le atmosfere suggestive e malinconiche del dark-ambient ed industrial che le lente ed angosciose melodie del doom metal… e, come dire, ci son riusciti appieno. A queste due caratteristiche si va ad aggiungere il cantato di Malfeitor Fabban (membro degli Aborym ed attualmente fuori dai Void Of Silence), un cantato che segue le regole del black, a volte urlato, a volte recitato, che si adatta perfettamente alla musica. Inutile negare il fatto che questa musica sia adatta solamente alle anime nere, a coloro i quali sono perennemente alla ricerca del malessere quotidiano e soprattutto a coloro i quali non hanno paura dell’innovazione.
Descrivere traccia per traccia questo disco è quasi impossibile dato che è un unico blocco di musica, di emozioni che non possono esser prese assolutamente singolarmente e mai capite appieno (secondo il mio modesto parere) e poi, detto sinceramente, vi rovinerei la sorpresa. Si tratta di nove composizioni capaci di arrivare diritte al cuore e di provocare seri disturbi al cervello dell’ascoltatore, vuoi per la maestosità della musica, per le sue varie sfaccettature, vuoi anche per i testi intelligenti ed introspettivi (scritti da Fabban). Per descrivere la musica dei Void Of Silence si dovrebbero prendere in considerazione opere di gruppi quali Katatonia, Anathema, My Dying Bride, Shape Of Despair e molti altri ancora.

Uno dei pochi dischi veramente interessanti del 2002, un disco da ascoltare ed acquistare a tutti i costi (bella la cover, bella la confezione in digipak, e belle le foto interne raffiguranti scene di guerra e distruzione della seconda guerra mondiale). Uno di quei dischi capaci di ricavarsi un piccolo posto nel cuore degli ascoltatori e di rimanerci. Da avere solo se non hai paura di guardare nell’abisso, xchè dopo egli stesso guarderà in te (giusto per citare Nietzsche)!

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