E tornano anche i Vanishing Point che con “The fourth season” raggiungono il traguardo del quarto album. Conoscendo ormai le precedenti releases del combo australiano e sapendo ormai a che tipo di sonorità mi troverò innanzi è con una certa curiosità che mi accingono ad ascoltare questo nuovo album ma non appena parte l’opener, “Embodiment”, capisco immediatamente che “The fourth season” mi lascerà con l’amaro in bocca. Purtroppo il nuovo album dei Vanishing Point convince per metà: i nostri scrivono i soliti brani e come bravi scolaretti svolgono il loro compitino componendo un album prog sì meritevole ma mancante di quella famosa scintilla, fondamentale almeno per me, che permette a ogni album di qualunque artista di imbrigliare l’attenzione dell’ascoltatore. L’album è un continuo susseguirsi di momenti di grande intensità emotiva intervallati a veri e propri scivoloni che proprio non mi sarei mai aspettato da una band di questo livello. Da sottolineare senza ombra di dubbio l’ottimo lavoro svolto con la cadenzata “Hope among the heartless” che dopo un intro totalmente in italiano ci propone un ritornello davvero ben eseguito e caratterizzato da una linea melodica assolutamente efficace o con la successiva “I within I”, ma queste rimangono solo episodi isolati. Di tutt’altro stampo sono, infatti, altre tracce come “Wake me”, “Surrender” o ancora “Ashen sky” che sebbene dimostrino di voler decollare in più occasioni si rivelano poi mancanti d’inventiva o di passione risultando banali e piatte.

“The fourth season” è un disco che se ascoltato non nella sua totalità saprà probabilmente colpire dritto nel segno ma che invece lascerà l’amaro in bocca e un velo di perplessità a chi lo ascolterà tutto d’un fiato. Peccato dunque. Ritengo i Vanishing Point una band parecchio interessante e capace di comporre dell’ottimo materiale. Purtroppo “The fourth season” non è assolutamente il disco che mi aspettavo dal combo australiano.

A proposito dell'autore

Post correlati