Al “Yeti” Bones ha giocato il suo asso. Ebbene sì, dopo lo scioglimento della sua vecchia formazione che portava tra l’altro il suo nome, ecco che il mastodontico frontman sfoggia questa nuova band capace di colpire nel segno, pesante come un macigno. Un southern metal convincente come pochi, un’anima musicale che risulta convinta, profonda, che trasuda dedizione e passione da ogni solco.
Ci sono, a volte, degli album che davvero fanno capire quanto impegno e convinzione siano stati usati per essere composti. E in questo caso ci troviamo proprio in questa situazione. Lo stile di vita del quartetto si riflette in ciò che viene suonato, il tutto accompagnato da un concept di fondo davvero affascinante e complesso che coinvolge moltissimo. Già il nome del grupo stesso è un po’ enigmatico, e stando alle parole dei componenti si rifà al ritrovamento di un vecchio teschio nella Georgia, che viene fatto risalire a tempi antichissimi. Da qui si dipana una storia che viene ben analizzata nel booklet e nei testi delle varie song.
Per quanto riguarda l’aspetto strettamente musicale le influenze sono le più classiche del genere. Dagli High On Fire, passando per Entombed, per quanto riguarda l’aspetto più “estremo” e tirato, arrivando chiaramente agli immortali Black Sabbath, e le sonorità più southern oriented di Down, Corrosion Of Conformity, e compagnia bella. Si sa che risulta pur sempre riduttivo affiancare una band ad altre per spiegarne le fattezze, ma chiaramente, essendo di fronte ad una nuova proposta, è forse necessaria un’operazione di questo tipo. Resta il Fatto che i Georgian Skull hanno una caratteristica unica, quella delle grandissima personalità, cosa che li rende unici, con un proprio stile definito ed un’attitudine precisa.
Scelta della produzione chiaramente grezza e azzeccatissima per ciò che viene proposto. Calda e avvolgente al punto giusto, capace di donare quel senso di completezza in più alle diverse tracks.
C’è poco altro da aggiungere, solo un altro punto a favore dato dall’artwork, uno dei più belli visti nel 2008, ad opera del grandissimo Vincent Locke, già autore ad esempio delle cover dei Cannibal Corpse.
Ascoltatelo dunque, è un prodotto che sicuramente piacerà, e non poco, ai fan del genere, ma potrebbe essere un modo davvero interessante per scoprire delle nuove sonorità per coloro che non le hanno mai masticate. Bravi, bis!

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