Semplice divertissement o disco da prendere sul serio? Viene spontaneo porsi questa domanda al termine dell’ascolto di “Bloodline”, album d’esordio dei Tardy Brothers, ovvero John e Donald, rispettivamente voce e batteria dei seminali deathsters Obituary. Il primo progetto fatto in famiglia, che colpisce subito per la qualità, ma non si discosta molto da quello fatto dalla band madre.
Cominciamo col dire che i due fratelli hanno reclutato l’ex guitar player degli Executioner (era il primo nome degli Obituary) Jerry Tidwell, ed il fido Ralph Santolla alla chitarra, che sembra ormai far parte in pianta stabile della famiglia floridiana dopo l’abbandono forzato del grande Allen West, bloccato non per la prima volta in carcere, causa problemi vari con la giustizia. L’apporto di Santolla non si sente poi molto nell’economia delle composizioni, il suo gusto barocco non spunta mai fuori come già successo nei Deicide, qui si tratta solo di songs molto semplici, dirette ed in your face come molti degli ultimi pezzi degli Obituary sessi. Quello che rende molto unito il lavoro è il fatto che i quattro non si limitano al death metal tout court, ma anzi amano divagare abbastanza, dato che si tratta di un side project, ed ecco che i brani si tingono di thrash e di hardcore, con stacchi da urlo scanditi dal sempre letale e marziale drumming del precisissimo Donald. Diciamoci la verità, molta differenza con gli altri vecchi brani non c’è, se si cancellasse il nome dalla copertina la risposta alla domanda “chi stiamo ascoltando?” non può essere altra che “Obituary”. La differenza, come già detto, che poi non è nemmeno così marcata, è solamente l’ulteriore semplicazione della forma canzone.
Poco altro da aggiungere, l’unica cosa incomprensibile è come possa un progetto estemporaneo come questo superare, e di parecchio anche, in qualità l’ultimo disco della band principale. “Executioner’s Return” ha rappresentato uno dei punti più bassi dell’intera carriera della formazione floridiana, dopo il bellissimo “Frozen In Time”, il primo post reunion. Ci sono da sperare quindi due cose. La prima è che questo “Bloodline” sia il primo passo in avanti verso una ritrovata vena compositiva. La seconda invece è un augurio che l’abbandono di Allen West non sia stato troppo pesante nell’economia della band. Ma le premesse non sono delle migliori, visto che senza di lui sembra che nulla funzioni, esempio clamoroso sono i Six Feet Under che dopo i primi due o tre album sono quasi irriconoscibili.
Aspettiamo e speriamo dunque, nel frattempo godiamoci un’altra dose massiccia di death metal, direttamente dalla voce e dalle bacchette di due personaggi che il death lo mangiano a colazione e hanno contribuito a scriverne la storia.

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