Verso la fine degli anni novanta per volontà di Jon Nicholas e Steve Hales il progetto Stranglehold inizia a muovere i suoi primi passi all’interno del panorama metal inglese. Grazie all’ingresso del polistrumentista Pete Bartlett la band incomincia ad acquisire una propria fisionomia e nel 2001 decide di iniziare a seguire una propria e personale via. Finalmente dopo alcuni anni di gavetta nel 2005 il combo inglese vede la pubblicazione dell’album di debutto, “Stranglehold”.
È difficile catalogare il genere proposto da questi tre musicisti in quanto all’interno del disco si passa da sonorità power a parti più tipicamente classic metal fino a sfociare, in alcuni frangenti, nel prog più affascinante. In linea di massima tutte le canzoni viaggiano su riff piuttosto sostenuti e veloci (di chiara matrice power), mentre la batteria non si svela mai invasiva, anzi centellina l’utilizzo della doppia cassa e preferisce concentrarsi su tempi di maggior difficoltà esecutiva. Ottimo l’uso che Bartlett fa delle tastiere, impiegate per sottolineare momenti di maggiore drammaticità ed atmosfera mentre dal canto suo Jon Nicholas, autore di tutte le linee vocali, non risulta mai pacchiano e offre una prestazione dietro al microfono decisamente buona. Quest’ultimo si dimostra anche un eccellente chitarrista e, infatti, saranno tantissimi i momenti all’interno dell’album in cui tastiera e chitarra si daranno battaglia continua in fase solista come nella migliore tradizione prog metal. Nonostante la registrazione del disco non sia tuttavia delle migliori questo piccolo debutto scorre via che è un piacere, le canzoni si dimostrano interessanti e capaci di tenere incollato l’ascoltatore alle casse dello stereo. Ottima l’opener “Total eclipse” alla quale gli Stranglehold affidano il difficile compito di aprire questo platter e di esaltare da subito l’ascoltatore. L’esperimento riesce alla perfezione nonostante la struttura musicale della canzone sia in ogni caso semplice e scontata.
Si prosegue con la veloce “Discretion” che inizia ad alternare momenti power a parti prog, mentre con “Achilles heel” (brano veloce ed elettrizzante) iniziamo ad assistere ai primi duelli tra Nicholas e Bartlett sostenuti da una continua ritmica aggressiva. Con la title track, la band alza leggermente il piede dall’acceleratore e ci troviamo davanti ad una canzone maggiormente introspettiva ma di sicuro effetto grazie anche al gradevole ritornello che fa capolino tra un riff e l’altro di chitarra. La band inglese inizia a dimostrarsi veramente interessante con “Dying by design” che vede Nicholas impegnato in un intro di chitarra molto malmsteeniano per poi esplodere in una cadenzata power song dove le tastiere danno un tocco sinfonico a tutta la composizione, mentre le linee vocali si rivelano gradevoli e ricche d’emotività. Splendida la parte strumentale centrale che vede Bartlett e Nicholas principali esecutori di tutte le melodie. L’influenza di Malmsteen continua ancora con la successiva “XIII”, mentre le restanti canzoni si muovono sulla stessa scia delle precedenti composizioni della band inglese. Piuttosto attraente è la conclusiva “Depth charged” che alterna momenti davvero romantici ed introspettivi a vere e proprie parti progressive alla Dream Theater per poi cambiare radicalmente tempo ed esplodere nel power metal più melodico e veloce con tanto di ritornelli ultra orecchiabili ma mai scontati.
Terminando affermerei che quello che ho tra le mani è un discreto album. I tre musicisti inglesi sanno il fatto loro e soprattutto hanno le idee chiara sulla direzione musicale da seguire. Questo “Stranglehold” non è tuttavia un album di facile assimilazione in quanto la struttura dei brani non è assolutamente lineare ma cambia in continuo e quindi c’è bisogno di una certa attenzione durante l’ascolto. Consigliato a tutti quelli che amano il power unitamente al prog e a sonorità più ricercate e non del tutto scontate.