Ancora un altro! Constatazione leggittima, più che spontanea, che potrebbe balenare nella mente di chiunque, come il sottoscritto, si ritrovi ad affrontare l’ascolto o la disamina dell’ennesimo episodio discografico dal profumo di Svezia. I motivi non sono certo da esplicare, vista la palese saturazione di un genere ormai al collasso e, alla vigilia di ogni lavoro, quelle che erano speranze di trovare uno spunto, un’idea od un riff sinonimo di fantasia ed indipendenza dai must, sono ormai diventate esigenza. In maniera inesorabile e paradossalmente puntuale, le caratteristiche appena citate mancano, però, ancora l’appuntamento con il pubblico rischiando sopprimere le ottime capacità di una band come i Sacrificium nella naturale fobia di trovarsi al cospetto dell’ennesimo clone.
La seconda fatica dei cinque ragazzi teutonici mostra, infatti, una band dotata di cristallino talento e buone idee prettamente musicali e prescindibili dalla singolarità di un approccio lirico volto a fede e cristianità. “Escaping The Stupor” è un album che riesce a farsi piacere ed ascoltare, senza la tediosità di rimandi eccessivi o spudorati, mantenendo un ottimo mordente ed un suo “perchè” durante tutti gli undici brani in esso contenuti.

Le caratteristiche fondamentali del suono offerto dalla band tedesca si assestano, dunque, su una base tradizionale e consolidata. Alternanza di riff leggermente cadenzati con momenti veloci in cui le twin guitars fanno il proprio lavoro di dispensatrici di melodie, growl espressivo sospeso tra il gutturale ed un tono più acido a seconda delle evenienze, sezione ritmica e produzione sempre oneste e mai fuori luogo. Tra un rimando agli Arch Enemy di “Burning Bridges”, qualche naturale dazio a Carcass ed Entombed della seconda era e strizzate d’occhio al hardcore più moderno (senza mai arrivare a toccare standard appartenenti al tormentone metalcore) il disco scorre via veloce e piuttosto brillante senza mai arrancare dal punto di vista della godibilità. Non essendo di fronte ad un capolavoro, qualche angolo da smussare a livello di songwriting (come parti più lente ancora leggermente legnose) rimane ma ponendo sulla bilancia pregi e difetti il risultato rimane abbondantemente sufficiente.

Mostrando, a dispetto della seconda uscita discografica, una lodevole maturità accumulata in dieci anni di latitanza nell’underground, i Sacrficium, pur con un bagaglio di novità pari a zero, riescono quantomeno nell’obiettivo di dare alla luce qualcosa di rispettabile e dignitoso. Punti a favore che danno soddisfazione alla band ma che, allo stato attuale, non variano di molto il target di potenziali acquirenti di un disco del genere, ridotto sempre più naturalmente all’osso da una concorrenza illimitata. Bene ma, purtroppo per loro, ancora nella mischia.

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