Il classico disco di cui nessuno aveva bisogno. Senza giri di parole, né retorica da recensione è questo il risultato complessivo restituito dall’ascolto di ‘Two Sides Of A Modern World’, secondo disco dei Resistance (da non confondere con gli omonimi, e più brillanti, colleghi statunitensi) dopo il precedente, e poco soddisfacente, ‘Trauma’. Le ragioni di tanta sufficienza di giudizio sono tutte da ritrovare in dieci brani di una monotonia immane e caratterizzati da una personalità pari a zero. Personalità, non originalità, perché, pur senza avere pretese di trovarsi di fronte a qualcosa di nuovo, questo è un lavoro che non può soddisfare. I brani sono totalmente indistinguibili tra loro, con un’irritante riffing apparentemente iterato per l’intera durata del disco ed un approccio vocale legnoso e monotono. E’ così che scappa un sorriso quando si leggono fantasiosi slogan promozionali che paragonano i belgi a band di tutt’altro calibro come All Shall Perish e Job For A Cowboy. Delle due formazioni appena citate qui c’è solo il disordinato desiderio di emulazione, senza né la loro fantasia, né, soprattutto, il loro dinamismo sonoro. Un disco che, nel gergo calcistico, sarebbe definito “telefonato”, arrivato in un momento di collasso del cosiddetto, e mai esistito, deathcore. Qui c’è solo una devozione di riflesso al death statunitense, accompagnata da una sezione ritmica tellurica ed un’ottima produzione moderna. Si chiama deathcore? Ok; resta il fatto che tutto ciò si sentiva già, con altri appellativi, mordente superiore ed una “mano” tangibile, anni fa. Ai potenziali acquirenti l’ardua sentenza.