Gli anni ’70 nel panorama musicale, segnano un profondo cambiamento che si muta attraverso la musica, la moda, l’emancipazione femminile, fino alla scena politica ed economica, infatti quegli anni furono proprio quelli del boom della lenta ripresa del dopoguerra. Nel corso di quel ventennio in particolare, la musica fa un enorme balzo in avanti grazie alla nascita delle prime band e dei primi artisti che in seguito divennero poi leggende destinate a durare nella storia del rock sperimentale d’avanguardia, tra cui The Velvet Underground, Captain Beefheart and the Magic Band, Frank Zappa e i The Mothers of Invention e Brian Eno. Tra le varie moltitudini di queste realtà, spiccano dunque i Pink Floyd, che abbiamo già imparato a conoscere con i primi tre dischi e che nel 1970 composero il loro quinto album vale a dire ATOM HEART MOTHER, che fu tra l’altro il primo in assoluto ad essere pubblicato da una major come la EMI e registrato comunque presso gli ormai celebri Abbey Road Studio di Londra.
ATOM HEART MOTHER esce il 10 ottobre 1970 dopo un imponente lavoro di mixaggio da parte di Peter Bown e Alan Parsons. Nell’edizione originale in vinile, le tracce furono sei per il lato A e dieci per il lato B per un totale di sedici brani e la durata totale di 55 minuti e 06 secondi. I Pink Floyd iniziarono le registrazione di AHM dopo un periodo intensissimo e massacrante di esibizioni dal vivo, con la convinzione che avrebbero dovuto ricrearsi una nuova immagine, soprattutto dopo l’uscita di scena di Sid Barret. Di comune accordo decisero quindi di lavorare insieme giustapponendo le varie parti derivate da altrettanti improvvisazioni in studio. Tra marzo e agosto furono prodotte due strumentali lunghe e tre brani semplici. La title track (in origine Untitled Epic) era un semplice pezzo per quattro strumenti, ma dopo averlo messo insieme gli stessi Floyd si resero conto che era troppo debole e pensarono che un arrangiamento orchestrale l’avrebbe reso più corposo. Ecco che allora entra in scena tale Ron Geesin amico compositore sperimentale di Nick Mason e Roger Waters. Ron, negli anni settanta era considerato un pioniere della musica sperimentale, aveva quindi molti contatti tra cui il compositore d’avanguardia Cornelius Cardew. Ron e Cornelius misero in piedi un’orchestra e insieme con i Floyd riuscirono nell’impresa più ardua e mai fatta prima entrando così nella storia, cioè quella di rendere il suono del rock psichedelico orchestrale. I giochi sono così fatti e il brano Breast Milky, traccia numero tre divenne un esempio lampante dei due assemblamenti. I due brani più lunghi sono una progressione dei primi pezzi strumentali dei Pink Floyd, come A Saucerful of Secrets. La suite di Atom Heart Mother è divisa in sei parti, mentre Alan’s Parson Breakfast è divisa in tre: le sezioni sono unite tra loro da dialoghi e strani effetti sonori. Il motivo è dovuto a questioni economiche: nei primi anni settanta i gruppi ricevevano le royaltes in base al numero di tracce che si trovavano sull’album. Oltre alle due suite citate, troviamo anche tre canzoni da cinque minuti, ognuna interpretata dal rispettivo autore. Sono delle ballate che stilisticamente sembrano non collegarsi né con la suite, né con il pezzo di chiusura. è un brano quasi folk, scritto e interpretato da Roger Waters, ripreso frequentemente negli anni novanta in supporto al suo album solista Radio KAOS. Summer ’68, di Wright, è una critica allo stile di vita rock and roll, che diventerà un tema ricorrente nei Pink Floyd (si veda per esempio Young Lust nell’album The Wall)prima di finire, il pezzo di David Gilmour, Fat Old Sun, che sarà una delle canzoni centrali degli show della band nei due anni seguenti la pubblicazione dell’album. È giusto ricordare che il chitarrista in una recente intervista ha dichiarato di considerare il disco “una vera porcheria”, tutte le sue opinioni sono state negative. . I musicisti accusarono la casa discografica di aver rilasciato un lavoro che non poteva definirsi realmente floydiano. David Gilmour, tuttavia, nel recente tour del suo ultimo disco, On a Island, ha riproposto spesso in scaletta proprio Fat Old Sun.Il momento più difficile fu la scelta del titolo dell’album e la progettazione della copertina, l’obbiettivo dei Floyd era quello di crearsi una nuova immagine, quindi non era concesso sbagliare. Fu proprio Ron Geesin che consigliò a Nick Mason, a cui era affidato il compito di decidere definitivamente il titolo e la copertina dell’album, di leggere qualche giornale londinese. Per quanto riguarda il titolo, Nick, fu colpito da una notizia in particolare in un trafiletto, in cui si parlava di una donna incinta con un peace maker atomico e il titolo dell’articolo era proprio Atom Heart Mother. In seguito la copertina fu ispirata dalle carte da parati in cui vi erano disegnate le famose mucche di Andy Warhol, figura predominante della pop art fino agli anni ’80. Il grafico a cui si affidarono i PF fu Storm Thorgerson, che divenne poi anche il grafico degli AC/DC, di Peter Gabriel e dei Led Zeppelin. Thorgerson si recò quindi nelle splendide campagne londinesi e immortalò alcuni splendidi esemplari di bovino inglese. La mucca che fu poi scelta da inserire in copertina si chiamava Lulubelle III appartenente al signor Arthur Chalke (che in seguito proverà invano a chiedere un compenso). Lo stesso Thorgerson dichiarerà in seguito: « La copertina faceva una gran figura, in mezzo alle altre dell’epoca che cercavano di attirare l’attenzione in modo provocatorio. La mucca attirava lo sguardo più di quanto potessi sperare: era diversa perché così normale. ». Il grafico aveva comunque proposto al gruppo altre due idee: un tuffatore su un trampolino e una donna davanti ad una scalinata, ma i Floyd scelsero la mucca che tra l’altro fu anche la scelta più economica perché costò solo poco più di 30 sterline. In ogni caso è bene precisare che non esiste alcun collegamento tra la mucca e i brani presenti sul disco anche se recentemente lo stesso Nick Mason ha accennato ad una simbologia classica che vede la mucca come rappresentazione della Madre Terra e quindi un riferimento indiretto alla “madre dal cuore atomico”, con l’assonanza fra le parole “Heart” (“Cuore”) e “Earth” (“Terra”) il gioco fu così compiuto.
ATOM HEART MOTHER rimane senza dubbio un grande classico degli anni settanta, anche se non riuscì comunque a creare l’intento preciso a cui aspiravano i Pink Floyd cioè quello di una nuova immagine. Tuttavia l’album diede buoni risultati nelle vendite, raggiungendo la prima posizione nella classifica inglese e la posizione 55 in quella americana. La potenza dell’immagine in copertina ha fatto discutere per mesi i disc jockey dell’epoca sul significato che potesse avere. Nel 1994 è diventato disco d’oro.