I Perpetual fire iniziano la loro avventura nel 1999 sotto il nome di “Abyss”: Steve Volta (chitarrista dei Pandaemonium) è il leader incontrastato della band, deciso a creare un sound che riesca ad intrecciare sonorità tipicamente malmsteeniane con il classico power di band come Stratovarius, Angra e Symphony X. Dopo diversi avvicendamenti di line-up, alcuni cambi di moniker e diversi demo cd finalmente la band cambia il proprio nome in quello attuale e dà il via alla produzione dell’album di debutto intitolato “Endless World”.
Bastano pochi attimi d’ascolto per rendersi conto che le band prima citate sono fonte di grande ispirazione per i Perpetual Fire, forse anche troppo. L’ascolto del disco scorre via senza troppi problemi e i brani proposti sono piuttosto piacevoli dimostrando come i quattro musicisti abbiano imparato appieno la lezione impartita dai “mostri sacri” del genere. Purtroppo, non me ne voglia la band, so quanto lavoro c’è dietro ad un album e quanto sudore bisogna spendere per realizzarlo, i brani che costituiscono “Endless world” sono un po’ troppo uguali l’uno con l’altro, e dopo un po’ d’ascolti non riescono più ad emozionarmi come accadeva in precedenza.
Sono davvero molto combattuto nello scrivere questa recensione: da una parte il disco mi piace abbastanza, in quanto ho sempre apprezzato quello che io chiamo, e credo un po’ tutti, “power metal all’italiana”, ma dall’altro lato non me la sento assolutamente di consigliare un disco come “Endless world” se non a tutti quelli che amano questo genere. A ogni modo all’interno di questo debutto ci sono degli ottimi episodi come l’iniziale “Superstitions” e la bellissima “Maybe” che parte in maniera delicata per poi esplodere in una dirompente metal song dove le linee vocali di Roby Beccati si rivelano assolutamente vincenti e accattivanti; ancora un’ottima prova è quella che ci arriva con le successive “Leave me alone” carica di aggressività e dannatamente oscura e con la sparata “Hurricane” che si rivela come uno dei migliori brani del disco. Un po’ incolori invece sono “The end of a dream” e la stessa title track che fatica un po’ a decollare, ma questi sono soltanto giudizi di chi sta scrivendo.
Ritengo che il pregio della band sia quello di riuscire in ogni caso a trovare giuste melodie e ritornelli di solito azzeccati e trascinanti che rendono il disco ascoltabile nonostante la struttura stessa dei brani non cambi quasi mai. “Endless world” è dunque un lavoro piacevole, consigliato però esclusivamente a quelli che adorano il power metal italiano. Consiglio un ascolto in colonnina, dove possibile, prima dell’acquisto del disco.
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