Fermo. Ferma tutto. Orde di thrasher vestiti con chiodi pieni di toppe e jeans anch’essi rattoppati, fermatevi. Il termine coniato per descrivere il genere proposto da questo gruppo pavese non l’ho pensato io, ma sono stati loro stessi. E se a un primo acchito puo’ farvi sorridere, come è successo a me, ascoltandoli l’espressione sul vostro viso muterà. Sicuramente l’accostamento symphonic/thrash rimarrà sempre un qualcosa molto stridente, dato che di thrash tout-court non ve n’è nemmeno l’ombra, ma gli Orion propongono un genere che non saprei proprio definire od etichettare. Forse il gruppo più conosciuto che posso citare per farvi capire sono i Children of Bodom, ma solo perchè è presente il trittico melodia/cantato sporco/tastiere. Il riffing di chitarra alla base varia: alle volte più rilassato, altre volte molto più tirato, con sprazzi di diverse scuole di pensiero in ambito metal. Anche il cantato non è lineare alla stessa maniera, passando dal più classico pulito, al growl tipico di certo death melodico, a passaggi quasi in screaming, per tornare al pulito sorretto però da effetti e filtri vari. A tutto questo uniamo un uso delle tastiere molto “sinfonico” e qualche assolo di chitarra dal gusto neoclassico, sweep compresi. A leggerla così può sembrare un pastone indigeribile, ma gli Orion riescono ad amalgamare molto bene tutti questi numerosi elementi, e prova di questo ne è la terza traccia, “Tragedy”. La miglior canzone del disco è comunque a mio avviso “Lord Byron”, in cui è presente uno splendido cantato pulito e la melodia la fa un po’ da padrone. Nella traccia che apre il disco, “Living Agony” è da segnalare invece lo splendido contrasto fra il suono cristallino di pianoforte e la voce roca e graffiante di Andrea “Evol” Evolti. Un po’ sotto questi standard qualitativi è invece a mio avviso “Slaves of your Senses” che in alcuni momenti ricorda per suoni e atmosfere i Bal-Sagoth. Chicca finale di questo demo è la cover dell’ultima traccia di “Kings of Metal” dei Manowar, ovvero l’epicissima “Blood of the Kings”. La cover è degna di tale nome, e infatti reinterpreta in maniera personale la canzone, senza tuttavia snaturarla in maniera radicale. Ho parlato di chicca perchè per qualche motivo a me ignoto, sul CD non è stata segnalata la presenza di questa cover. Gruppo originale e soprattutto personale questi Orion, quindi. Riescono a prendere cento ingredienti diversi da svariate cucine, e a prepararne un piatto che può piacere a molti. Entrambi sono compiti molto difficili al giorno d’oggi: prendere spunto da gruppi che ascoltiamo ed apprezziamo, ma senza scadere nel plagio o nella sterile fotocopia, e unire elementi differenti senza dare l’idea di un collage messo insieme per forza e controvoglia. Un merito che mi sento di poter attribuire a pochi gruppi in giro. Inoltre gli Orion sono giovani, e col tempo potranno solo migliorare l’esecuzione e la resa sonora finale. Ma le idee, che sono la cosa importante e che non si impara con l’esperienza, ci sono e sono molto buone. Davvero complimenti.

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