La frenesia, sia stilistica che produttiva, sembra essere un elemento caratterizzante dei Neaera che, a distanza di meno di un anno dal rispettato “The Rising Tide Of Oblivion”, tornano sulle scene, forse prematuramente, ma con energia e qualità tutt’altro che trascurabili.
Superati i leciti timori, dovuti alla celerità di cui sopra, di trovarsi di fronte ad un disco zeppo di b-side del debutto, ciò a cui ci mette di fronte la formazione teutonica è un disco di idee medie ma ordinate in maniera piacevolissima. La qualità generale degli undici brani componenti “Let The Tempest Come” rispecchia quella del lavoro precedente a differenza di uno stile che, esaminato attentamente, evidenzia qualche passo in avanti. Perdendo il senso di ingenua spontaneità, i pezzi sembrano più studiati e ragionati con le classiche armonizzazioni made in Sweden che mostrano, oltre alle solite melodie acide, quasi un sapore epico che si stampa nella mente ed appare destinato a conquistare platee dal vivo. Dal punto di vista tecnico-esecutivo, i cinque ragazzi riescono a fornire una prova ineccipibile che fa cardine sul solito stile intelligentemente vertiginoso delle chitarre gemelle, ispiratissimo da At The Gates e The Haunted, al quale, però, l’esperienza maturata consente di affiancare un dinamismo ritmico davvero lodevole. Con uno stile vocale alternato tra isterici scream e bassi growl (spariscono le clean vocals), che risulta tra i più ficcanti della collassante scena attuale, il disco scorre via velocissimo dall’inizio alla fine aiutato da una produzione pressochè perfetta.
Semplicemente death-thrash di tradizione svedese che, come il genere impone, si incide nella mente, provoca headbanging sfrenato e si lascia ascoltare anche ciclicamente senza difficoltà. Con presupposti simili, inutili osservazioni su carenza di fantasia od innovazione passano inosservate apparendo come pignolerìe di sorta verso un lavoro riuscito e meritevole di rispetto e stima senza filtri.