E dire che ci vorrebbe solo un po’ più di tempo, di impegno per migliorare, per portarsi avanti, per cambiare stanza all’interno del proprio complesso musicale, ma loro no. Non ne hanno voglia. I My Dying Bride sono tornati, e seppure qualche accenno lo fanno notare, non cambiano che di una mezza virgoletta, quando basta per dire “Hey, siamo qui col nostro nuovo album, abbiamo innovato rispetto ai nostri precedenti lavori”. Il punto strano di tutta la situazione è l’impossibilità di poterlo definire un brutto album. Non lo è. Ma è dannatamente simile a tutti i suoi predecessori, anch’essi buoni presi singolarmente (chi più chi meno). Iniziando l’ascolto di questo nuovo lavoro, si ha effettivamente un piccolo sussulto. “To Remain Tombless” è stilisticamente nuova, sia a livello di suoni, sia come inserimenti di campionamenti o nei tempi stranamente sincopati per gli standard della band. O quello splendido coretto a due voci su “Thy Raven Wings”. Ma poi la magia finisce. Inizia la solita serie di (bei.. è inutile dirlo) brani alla My Dying Bride standard version. Il pezzo più romantico (L’Amour Detruit), il pezzo che ricorda vagamente il periodo di The Angel And The Dark River (I Cannot Be Loved). Sempre impeccabili, stilisticamente perfetti, ma ciclici. Più sinfonici forse, probabilmente per l’ingresso in pianta stabile della nuova tastierista Sarah Stanton, che sembra cavarsela più che bene. Dopo questo, nient’altro da aggiungere. L’album è bellino, ma sono sempre loro, fanno quello in cui riescono meglio, sanno come funziona la loro formula e come riprodurla in maniera discreta ogni volta. Arriverà il momento però, in cui il gioco di parole sull’acronimo del loro nome gli si ritorcerà contro. MDB, “Music Done Before”. Vi dirà sicuramente qualcosa.
My Dying Bride – A Line Of Deathless Kings
