Cari navigatori di Heavy-Metal.it, quello che sto per recensire è un vero e proprio capolavoro della musica, un gioiello di inestimabile valore, una vera perla che non passerà inosservata. Sto parlando dell’ultimo album prodotto dall’eclettico e talentuoso Michael Harris, un vero e proprio virtuoso della sei corde che, nonostante abbia già pubblicato ben sei album solisti ed abbia collaborato alla realizzazione di Revenge di Vitalij Kuprij, è ancora oggi un semi sconosciuto nel panorama musicale mondiale. Ma, prendendo in prestito il titolo di una canzone del maestro Roger Waters, “The Tide Is Turning” e quindi posso affermare senza paura di essere smentito che con Orchestrate il nostro eroe è finalmente pronto per entrare, con pieno merito, nella lista mondiale degli shredder più giustamente accreditati.
Questo album è stato generato interamente dalla mente di Harris, che ha provveduto ad occuparsi di suonare tutti gli strumenti ad eccezione della batteria che è stata affidata al maestro Matt Thompson. Un lavoro interamente strumentale in cui sono concentrati tutti gli stili che hanno formato questo genio della musica, dalla musica classica all’Heavy metal, il tutto organizza con una perizia quasi maniacale e con quel tocco di follia che, in lavori di questo genere, non dovrebbe mai mancare. Posso affermare senza alcun timore di smentita che questo album farà esaltare anche il black metaller più estremista ed addirittura chi, non suonando alcun strumento, potrebbe dire di annoiarsi dopo aver ascoltato dei brani solamente strumentali. Dico questo perché, sin dalle prime note, l’ascoltatore potrà pensare di stare ascoltando un omaggio a quel capolavoro musicale creato da sua maestà Malmsteen. Solo che qui i pezzi, già stupendi presenti in Concerto Suite For Electric Guitar And Orchestra In E Flat Minor Op.1, prendono nuova vita e si trasformano in una serie infinita di incarnazioni musicali che vanno dalla follia neoclassica di “String Theory” ai fraseggi che richiamano lo stile che è diventato il marchio di fabbrica dei Cacophony di “Notes From The Kursk”, sino agli ottimi, intensi e coinvolgenti intermezzi di “Gulprice” e “The Anti Shred” (mai titolo fu più azzeccato per un brano), per concludersi con il maestoso, pomposo ed iperbolico “Schizo Forte”, un pezzo inframmezzato da una chitarra in stile flamenco che strappa applausi a scena aperta.
Ma ciò che rende questo album un vero gioiello è la pienezza dei suoni dell’intero album che, nonostante sia stato prodotto con un budget non elevatissimo, riesce a fare la sua figura a livello internazionale, grazie anche alla coraggiosa scelta compiuta da Harris di suonare le partiture di tastiera uno strumento alla volta, in modo da riuscire a ricreare una reale “orchestra sintetica”. Per concludere posso solo consigliare A TUTTI, di comprare questo album e di apprezzare, a piene mani, il genio di questo artista.

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