Mah…ammetto di non avere avuto chissà quali pretese da questo nuovo disco dei Manowar, specie dopo un flop totale come “Gods Of War”. Purtroppo lo scetticismo che mi ha accompagnato all’ascolto di “The Lord Of Steel” si è rivelato fondato. La nota positiva, se non altro, è che questo disco è composto da dieci vere canzoni, niente intro e outro inutili. Purtroppo le buone nuove finiscono qui.
Che ci si aspetta dai Manowar se non del fottuto heavy metal??! Sto disco è moscio e il songwriting lascia parecchio a desiderare, e potrei chiuderla qui… Ma non è tutto…
Iniziamo dalla prestazione dei nostri: Eric Adams, da sempre la punta di diamante del sound dei Manowar, ugola d’oro del true metal. Beh…in questo disco scordatevi pure gli acuti scassa timpani, vocalizzi mirabolanti e quant’altro. La prestazione del buon Eric è quanto mai canonica tanto da farlo sembrare un cantante qualsiasi. Inoltre nella maggior parte delle canzoni la voce rimane bassa e più sporca del dovuto. Ok, qui possiamo tirare in ballo una questione di gusti ma di cantanti così (e molto meglio anche) ce ne sono in giro a bizzeffe. Da Eric pretendo una prestazione maiuscola, che mi sbalordisce, specie in studio. In “The Lord Of Steel” non è così, purtroppo.
Joey DeMaio è sempre il solito, il suo basso sopra tutto e tutti. Almeno lui non si smentisce.
Che dire di Carl Logan? Che non è un fenomeno credo che non ci sia bisogno che ve lo dica io ma… a parte una prestazione fin troppo dozzinale, i suoi solo sono davvero scialbi. Quando sento un assolo di chitarra (specie dei Manowar) voglio scapocciare, esaltarmi, fare air guitar, il minimo che pretendo da un disco metal…questi assolo invece ti fanno quasi dormire! Un buon chitarrista ce l’avevano, si chiama Ross The Boss e suona ancora in giro, non sarebbe il caso di richiamarlo?!
Il batterista Donnie Hamzik invece suona in maniera assolutamente standard, ma senza i ritmi forsennati tipici di alcuni vecchi brani dei Manowar tipo Wheels Of Fire: una prestazione troppo moscia e piatta che alla fine annoia l’ascoltatore.
Parlando della produzione e dei suoni di “The Lord Of Steel”, ahimè anche in questo caso non posso spendere parole troppo benevole. Mi tengo qualche riserva perché per ora non ho potuto ancora ascoltare il cd. Il basso è davvero trasbordante, a tratti fastidioso, al contrario della chitarra che è forse fin troppo nascosta. Bene la voce, assolutamente bilanciata, ma non mi piace il suono della batteria: anche in questo caso può essere qualcosa di soggettivo, ma il suono del drumming mi sembra alquanto ovattato… Scelte discutibili, visto il budget che ha a disposizione un colosso del metal come i Manowar (stesso discorso che si potrebbe fare con gli ultimi Metallica).
Ma parliamo delle canzoni, che alla fine sono la cosa più importante: ritmi blandi, quasi tutti mid tempo che dopo la terza o quarta traccia fanno sbadigliare. Ma soprattutto, dove sono i cori da inno super epici dei Manowar?! Quelli da cantare a squarciagola?! Tra questi solchi c’è poco da salvare, canzonette anonime che saranno dimenticate dalla stessa band nel giro di qualche concerto. Anche la ballad Righteous Glory non è davvero niente di speciale, pur senza paragonarla ai vecchi classici del passato, risulta davvero troppo scontata con una fastidiosa sensazione di deja-vu (meglio dire, di già sentito).
I testi sono i soliti: metallo, figa, metallo, gloria, metallo, metallo ecc… Dai Manowar non pretendo certo una disamina filosofica sul senso della vita, ma a 60 anni gente che canta ancora dei guerrieri del metallo ha rotto il cazzo! Vabbeh, sorvoliamo almeno su questo, che dopo Hail And Kill ci mancava giusto Hail, Kill And Die che, novità delle novità, riprende tutti i titoli dei dischi e delle canzoni!
Alla fine “The Lord Of Steel” è un disco destinato solo ai super defender, quelli che dormono con su l’armatura, le mutande di pelle di bisonte e che voleranno diretti nel Valhalla: io ormai, con questa recensione, me lo sono giocato!