Distanti anni luce dalle sonorità che li avevano resi famosi, i Labyrinth con “6 days to nowhere” ci deliziano con un album affascinante e capace di fondere con abile maestria sonorità a volte parecchio distanti tra loro.
È impossibile oramai classificare il genere proposto dai cinque italiani come power metal in quanto le sfumature che i nostri abbracciano e soprattutto riescono a far coesistere all’interno dei brani di questo nuovo album sono davvero tante. Come un grande puzzle, al quale mancano ancora dei pezzi, i Labyrinth creano un nuovo tassello che va ad incastrarsi perfettamente con gli altri portando in avanti l’evoluzione sonora intrapresa dai nostri durante tutti questi anni. Ed evoluzione è proprio il termine adatto per descrivere la proposta musicale dei Labyrinth: infatti, i nostri, grazie anche alla presenza all’interno della band di un tastierista poliedrico come Andrea De Paoli, capace di incastrare perfettamente all’interno delle intricate parti di chitarra create dalla coppia Cantarelli/Gonella inserti fusion, jazz, futuristici e classici, riescono, attraverso ogni nuovo album, a creare qualcosa di nuovo e d’inaspettato capace di stupire ogni volta l’ascoltatore. “6 days to nowhere” è il solito e classico album dei Labyrinth ma al tempo stesso non lo è: tantissime sono, infatti, le sfumature e le sfaccettature che arricchiscono ogni singolo brano. E se le opener “Crossroads” e “There is a way” colpiscono proprio per la loro facilità di ascolto grazie a riff immediati e linee melodiche accattivanti ed “easy listening” ci pensa poi “Lost” a spiazzare l’ascoltatore grazie ad un attacco velocissimo e devastante, al limite del death e che vede più e più volte continui cambi di tempo e di stile, da momenti melodici a parti tirate fino alla spagnoleggiante parte centrale.Si continua con quello che ritengo il miglior brano di tutto questo nuovo album, ovvero la lunga “Mother earth” altro brano piuttosto lineare e semplice ma capace di mescere al suo interno atmosfere diversissime tra loro ma al tempo stesso così dannatamente vicine mentre splendida è, come sempre, la prova di Roberto Tiranti dietro al microfono a mio avviso, e non mi stancherò mai di dirlo, il miglior cantante metal in ambito italiano, riesce a conferire ai brani linee melodiche così romantiche nelle parti più dolci quanto aggressive nei momenti più tirati e battaglieri. Non manca ovviamente la doppia cassa che, sebbene sia meno in vista rispetto al passato, in favore di stacchi e ritmiche più ricercate e complesse, prende prepotentemente posizione in “Just one day” brano dal sapore tipicamente power oriented e capace di alternare momenti veloci con inseriti melodici davvero azzeccati mentre la seguente “What ???” si va a classificare come uno dei brani più sperimentali mai realizzati dai nostri. Non c’è un attimo di tregua, un solo attimo di respiro e i Labyrinth continuano a martellarci con canzoni che non hanno un solo punto negativo: ottime ancora le seguenti “Coldness” e “Out of control” capaci di conquistare ancora una volta proprio grazie all’innesto di ritornelli azzeccati che si alternano a strofe piuttosto ruffiane e che vedonono ancora una volta Cantarelli e Gonella autori di ritmiche ricercate e mai scontate. Leggermente sotto tono è “Rusty Nails” mentre a terminare questo splendido album troviamo un ballad, “Smoke and dreams” davvero evocativa ed affascinante capace di conquistare l’ascoltatore proprio grazie alla sua dolcezza.
“6 days to nowhere” è un album complesso e carico di sfumature che solo con tantissimi ascolti riuscirete ad apprezzare pienamente. Ancora una volta i Labyrinth sono riusciti nel loro intento di evolvere, mescendo tra loro genere diversi come se questo fosse la cosa più facile ed intuitiva del mondo. Consigliato a tutti, questo è sicuramente uno dei migliori album di tutto questo 2007.