Nono lavoro discografico sotto l’etichetta Casablanca per il quartetto americano dopo l’abbandono dello storico batterista Peter Criss avvenuto durante la registrazione dell’album Unmasked. Bisogna dire subito che i fan storici dei Kiss avevano accettato malvolentieri le ultime produzioni della band del “Bacio” che, già con gli album “Dinasty” ed “Unmasked”, avevano fin troppo modificato il loro stile musicale, passando da un Hard Rock dalle forti tinte Glam ad un Rock molto leggero ed in qualche punto tendente persino al Pop. Per cercare di recuperare la fiducia dei propri fan, i Kiss avevano promesso che l’album successivo avrebbe avuto la stessa potenza e passione che avevano caratterizzato quel capolavoro uscito nel 1976 con il titolo di “Destroyer”. A tal fine i Kiss chiesero l’aiuto di Bob Ezrin (che aveva già collaborato alla produzione di quel capolavoro discografico che risponde al nome di “The Wall”) che propose al gruppo l’idea di realizzare un concept, una favola musicale che avrebbe superato i confini del solito album di rock’n’roll. L’ispirazione per il titolo dell’album Gene Simmons la prese da “The Elder” e, grazie all’aiuto di Paul Stanley (il braccio destro di Simmons nella composizione degli album dei Kiss), al sapiente lavoro di Ezrin, ai contributi di Lou Reed e Tony Powers ed alla magistrale collaborazione dell’ “American Simphony Orchestra” e del “St. Robert’s Choir”, l’album divenne un capolavoro musicale. L’album racconta la storia del destino di un ragazzo che diventa un guerriero capace di combattere il maligno che aveva minacciato di distruggere l’universo. L’unico che si chiamò fuori dalla realizzazione dell’album fu Ace Frehley, che si dichirò insoddisfatto dal ritorno dei Kiss alle loro origini Heavy. Chiaramente chi è abituato a brani come “Deuce”, “Cold Gin”, “Rock And Roll All Nite”, “Detroit Rock City” ed altri classici della band, potrà restare deluso da questo album che mostra il lato più sinfonico e pomposo dei Kiss. Ma il tema trattato (l’infinito scontro tra il bene ed il male) non poteva essere espresso con delle musiche troppo rockeggianti. Ad introdurre l’ascoltatore in quel mondo fiabesco che i Kiss hanno creato per il loro album è “Fanfare”, un brano strumentale veramente elettrizzante (con delle orchestrazioni capaci di far accapponare la pelle), seguito a ruota da due autentiche perle, “Just A Boy” e “Dark Light” che, con il loro incedere melodico ed orchestrale, riescono a catturare l’ascoltatore ed a farli completamento perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Tocca poi a brani come “Only You” risvegliare l’ascoltatore dal torpore magico in cui era piombato ed a riportarlo alla realtà. Tutto l’album è un’alchemica miscela di melodia ed adrenalina che lo rende orecchiabile ma nello stesso tempo accattivante. Un piccolo gioiello che non può mancare nella bacheca di chi ama la musica con la “M” maiuscola. Io lo consiglierei anche a chi non ama troppo il genere Epic, perchè comunque lo stile Glam che ha da sempre caratterizzato i Kiss, è ben presente anche in questo album che esula un bel po’ dal solito “Kiss Style”.

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