Formati da membri di Soilent Green e Crowbar, i Goatwhore si presentano al pubblico metal con il terzo album della loro carriera, “The Haunting Curse”. Un album assolutamente sorprendente; nulla a che vedere con lo sludge core delle bands sopracitate, infatti ci troviamo alle prese con un black metal feroce che si unisce al sound granitico e tecnico del death metal. Immaginatevi la velocità dei Marduk, unirsi alle atmosfere glaciali di Darkthrone e Immortal, per poi sfociare nella brutalità di Behemoth e Cryptopsy; insomma una vera jam session oserei dire
Ma la cosa che ancor più stupisce, oltre all’ecellente produzione, è la perizia tecnica dei membri. Come di consuetudine è il batterista a far bella mostra di sè, come sempre anche quando si possa trattare di un album penoso; un drumming fenomenale, veloce e dannatamente preciso, le chitarre risultano molto compatte e macinano riffs maligni a ripetizione e anche la prestazione del vocalist è davvero notevole ( ricorda a tratti Helmuth dei Belphegor ). La cosa ancora più piacevole di questo album è che nonostante tutta questa tecnicità e complessità, non risulta per niente sterile anzi, continua a farsi ascoltare piacevolmente anche dopo ripetuti ascolti, complice anche l’eccellente produzione ad opera di Erik Rutan.
Di sicuro l’ala intransigente del black metal getterà fango su un album del genere, considerandolo poco evil, poco raw per via della registrazione “pulita” o magari perchè troppo tecnico per i canoni del genere, o addirittura commerciale ( l’album esce tramite la Metal Blade ); tuttavia consiglio anche a questi signori di ascoltare un album come “A Haunting Curse”, chissà magari cambino idea. Per gli amanti del metal estremo in generale, questo album è a dir poco obbligatorio.