Prima di ascoltare questo album ne avevo sentito parlare molto bene da diverse fonti, mi aspettavo quindi qualcosa di particolare, di diverso da quello che poi ho trovato in “The Divine Conspiracy”. L’ultima fatica degli Epica mi è parsa infatti un album abbastanza canonico: il classico disco gothic sinfonico/operistico cantato con la solita accoppiata “Cappuccetto Rosso e Lupo Cattivo” (tra l’altro il Lupo non mi ha soddisfatto del tutto, visto che la sua interpretazione non mi ha convinto sempre) che ha tentato di personalizzarsi con delle influenze power, qualche accelerazione “pseudo black melodico” e sporadiche cessioni al gothic diventato ormai mainstream in stile Lacuna Coil/Evanescence (cosa che si nota soprattutto in “Never Enough”). Il tutto è ovviamente molto pomposo e a volte fin troppo tronfio (a cominciare dai 75 minuti abbondanti di durata). Chiarito ciò non si può dire che i pezzi siano brutti, anzi, nel loro genere sono anche fatti bene, tuttavia non mi sono sembrati nulla di particolarmente notevole (tra l’altro mi ha fatto un po’ ridere vedere che Mark Jansen continua a proporre parti di “The Embrace That Smothers”, dopo le prime tre parti apparse sul debutto degli After Forever e le seconde tre sul debutto degli Epica).

Certo, alla fine se il genere vi piace e non ne avete abbastanza dei tanti dischi che sono già usciti su questa scia (io, se non si fosse capito, comincio ad esserne stufo) probabilmente apprezzerete anche “The Divine Conspiracy”, tuttavia a mio avviso, sebbene ben fatto, non è davvero nulla di eclatante.

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