Dopo 3 anni di attesa dall’uscita di “Design your Universe” che li ha confermati nel mondo symphonic metal di alto livello, dopo essere venuti in Italia al Gods of Metal l’anno scorso realizzando un grande live performance, dopo un’intervista per la nostra webmegazine, sono lieto di annunciare l’uscita di “Requiem for the Indifferent”, quinto album in studio degli Epica, il terzo registrato con la Nuclear Blast e il secondo dopo l’entrata di Isaac Delahaye come chitarrista. Finalmente l’attesa è finita: da ieri 9 marzo è disponibile nei negozi l’ultimo cd degli olandesi. La band non deve essere incoraggiata e partendo in quarta assesta due stoccate in brevissimo tempo, infatti l’uscita di questo nuovo full-length suona la carica per l’inizio del tour europeo degli Epica che partirà oggi 10 marzo da Escape ( Olanda) per arrivare nel nostro paese il 16 aprile all’Orion di Roma e il 17 aprile all’Alcatraz di Milano. Ora però parliamo di “Requiem for the Indifferent”, quindi a tutti i fans italiani degli Epica, mettetevi comodi sulle vostre poltrone in pelle, sgabelli o sedie a dondolo perché vi scriverò tutto quello che c’è da sapere su quest’ultima uscita discografica della band.
I tredici brani che costituiscono il cd non pesano affatto nell’ascolto e scivolano via senza nemmeno accorgersene, garantendo una facile individuazione delle diverse fusioni di ritmi e sottogeneri metal di cui la band si è resa nota con le ultime produzioni; combinazioni di motivi ed elementi death ed alcune volte anche brevi accenni thrash, si fondono con il leggero e piacevole symphonic metal. La predominanza di quest’ultimo come sottogenere metal principale, conferma che la band ha deciso di non sbilanciarsi troppo verso i generi estremi preferendo rimanere fedele al sound originario; questo non significa che nel cd non vi siano canzoni aggressive, ma serve a porre un freni a tutti quelli che dopo “Design your Universe” incominciarono a congetturare che gli Epica sarebbero diventati una band con un sound prettamente estremo o addirittura ipotizzando un futuro symphonic death/Thrash metal della band, molto probabilmente questi utopisti nei loro sogni si immaginavano Simone Simons cantare in growl o scream, ma, mi dispiace per questi visionari, devono prendere coscienza della realtà. “Requiem for the Indifferent” è un album symphonic metal intervallato con questi elementi presi in adozione da sottogeneri più o meno aggressivi, però non si può sicuramente identificare il cd symphonic death metal e tantomeno si riscontrano impronte rilevanti di Thrash, influenze soprattutto per chitarre e batteria di questo sottogenere non mancano, ma non sono notevoli da poterlo considerare tale.
“Karma”, primo brano del full-Lenght, è un breve intro molto leggero con coro e accenni di flauti, che spiana la strada a una canzone più dura e di grande sound, “ Monopoly of Truth”, caratterizzata da una significativa batteria, da Simone che viene affiancata nel cantato dal growl di Mark Janssen, dalla voce di sottofondo di Ariën van Weesenbeek e dal coro; insomma una vera e propria canzone epica che riesce a coinvolgere sin da subito l’ascoltatore. Per quanto riguarda la tecnica strumentale, i riff di chitarra non sono particolarmente elaborati o complessi, ma riescono a trasmettere le giuste sonorità per un brano di grande symphonic con elementi death presentando la band già dal secondo brano con una forte impatto musicale.
“Storm the Sorrow” più lenta, ma con un carattere più evocativo e mistico, si memorizza senza difficoltà con un ritornello coinvolgente accompagnato anche qui da voci di sottofondo, growl sul finale e dal coro; qui Simone tira fuori il proprio talento accarezzando note irraggiungibili al tempo di “Design your Universe”, segno del costante lavoro attuato in questi ultimi 3 anni dalla ragazza olandese.
“Delirium” è l’espressione massima di quello che è il symphonic degli Epica; un leggero coro iniziale lascia spazio a una base di piano, solo voce pulita per questo brano che vede l’entrata della batteria solo a metà canzone e che, nonostante ciò, non incide particolarmente sulla struttura della canzone, infatti rimane come strumento di fondo non dando incisività sino alla entrata aggressiva e di prepotenza dell’assolo di chitarra di grande tecnica e molto elaborato. Si fonde perfettamente con gli altri strumenti conferendo al brano l’elemento mancante ad una canzone tecnicamente ben strutturata.
“ Internal Warfare”, dal carattere apocalittico, si presenta strumentalmente molto complesso; qui l’elemento che “stona” maggiormente con questa cornice strumentale di sound catastrofico, è proprio la voce troppo delicata di Simone. Infatti in alcuni casi si avverte batteria lenta che freme nel liberarsi in qualche meandro di veloce o di aggressività; a salvare la situazione però interviene Mark, che sfoderando un non eccezionale, ma comunque un rilevante growl, porta l’incisività del brano ad un livello sicuramente maggiore.
Finalmente arriviamo alla canzone che da il nome all’intero cd.
“Requiem for the Indifferent” inizia subito con un breve intro di quello che potrebbe essere una tipica canzone del mondo arabo o comunque molto orientale. Qui la base strumentale è quella tipica di quei luoghi, come leggeri tamburi e flauti; essi fanno da base alla batteria, che subentra sempre in un secondo momento, come se fosse uno strumento dovuto, ma non valorizzato. In breve questa apertura musicale verso il mondo arabo si spezza con l’aggressività del growl e delle chitarre, caratterizzate da accenni di riff di stampo thrash. Interessanti sono soprattutto i duetti che si creano tra coro femminile e coro maschile, sempre parlando di duetti, ma questa volta strumentali; apprezzabile è quello creato da chitarra acustica e flauto, che rimanda alla parte iniziale di ispirazione araba.
Il settimo brano che andiamo ad analizzare è “Anima”, interamente realizzato con il piano; rilassante e leggerissima riesce a conferire all’ascoltatore più attento un senso di leggerezza e di pace assoluta, sicuramente da ascoltare prima di andare a dormire, peccato che abbia una durata veramente breve.
“ Deep Water Horizon”, caratterizzata da un’apertura di chitarra acustica, lascia una sensazione di tristezza e malinconia; la batteria è lenta e poco aggressiva e l’entrata della chitarra elettrica non velocizza il brano, che rimane piatto sino a poco dopo la metà, dove la tastiera, con un ottimo ritmo e con chitarre dai potenti riff, fanno da base per la voce di Mark. In questo frangente il livello musicale si alza, soprattutto nella parte terminale, con il ritorno della magnifica voce di Simone, incornicia una canzone che sicuramente poteva avere un’ apertura più felice.
Il carattere più duro della band si manifesta apertamente in “Stay the Course”, tralasciando il sound symphonic per aprirsi ad un brano più violento, intervallato con solo brevi spezzoni poco significativi, dove la canzone prende sfumature lente e strumentali. Sicuramente la voce in questo brano fa da padrona e la Rossa interviene, ma il suo talento non è più l’elemento portante della canzone, che cede lo scettro al growl e ai violenti riff delle chitarre.
Undicesimo brano di questo nuovo full-length, “Deter the Tyrant”, presenta la ricomparsa di cori a supporto della splendida voce della band. Le chitarre sanno rapire con riff coinvolgenti e motivi strumentali, estrapolati dallo studio di altri generi, ma che si adattano alla perfezione di questo brano, abbandonando la solita delicatezza per indirizzarsi ad un sound tendente quasi ad un power, aggressivo, ma non violento, energico, ma non distruttivo.
“Avalanche” ha un inizio lento, che vede la predominanza delle tastiere e di elementi strumentali di sottofondo. In seconda istanza interviene una leggera e quasi impercettibile chitarra acustica, seguita a ruota dalla batteria, rimanendo con ritmi bassi; chitarra elettrica e basso intervengono solo per dare potenza al brano all’entrata della voce di Mark. Da sottolineare in questo brano un’impressionante performance vocale di Simone e un riff di chitarra sul finale che rimane come marchiato a fuoco nella mente.
Ci sarebbero ancora due brani da analizzare e che meriterebbero almeno 4-5 righe rispetto a quelli illustrati in precedenza e sono “Serenade of self-Destruction” e “Guilty Demeanor”, ma ho deciso di non analizzarli, lasciandoli come sorprese ai seguaci di questa band che sicuramente con questo cd riconferma la propria posizione nel panorama musicale internazionale. Sicuramente rispetto a “Design your Universe” non ha elementi di rottura significativi, ma fissa dei paletti al sound degli Epica, garantendo per tutti gli amanti del sound più symphonic come a funs amanti del metal estremo, di trovare in questo full-leagth un ‘ottima e ben riuscita fusione tra due stili musicali difficili, dalla complicata convivenza, data la loro natura. Quindi lo consiglio a tutti gli amanti del canto della rossa Simone, ma a anche a chi non disdegna i cori in supporto alla sua voce ed alcune volte al growl di Mark, per chiunque apprezzi una batteria incisiva, ma non distruttiva oppure per gli amanti di riff elaborati e coinvolgenti.