Per quanto l’aspetto possa essere un elemento di secondo ordine nel processo descrittivo di un disco, in qualche sporadico caso, dando anche uno sguardo fugace ai connotati esterni di un lavoro, si possono trovare le parole per materializzarne verbalmente il suo contenuto musicale. Nel caso specifico di “Prologue”, prendendo tra le mani il booklet di corredo ci si trova al cospetto di qualcosa di cupo che, nelle poche pagine che lo costituiscono, ripropone in maniera quasi snervante figure opache di non facile individuazione costruite su intricate e dissonanti sovrapposizioni.
Divagazioni artistiche di un visionario recensore? Negativo, perchè il retorico quadro d’immagini costruito sopra si offre come perfetto alter ego visivo del controverso debutto degli End Of Level Boss.

Partendo dalla solida base costruita dal grunge malinconico dei Soundgarden, dallo stoner ultra-inflazionato dei Kyuss e dal metal atipico dei Voivod, il quartetto riesce ad offrire una miscela di suoni vari, non sempre efficaci ma fascinosi, avvolgenti ed enigmatici. Negli otto brani proposti, infatti, le chitarre del leader Heck Armstrong e della spalla James Ogawa sembrano sfidarsi in tentativi di colpire l’ignaro ascoltatore ed offuscarne le idee, spesso disorientandolo e perdendo di vista un’organicità ed un filo conduttore che sia degno di questo nome. Le linee vocali, in questo marasma di riff grezzi, obliqui ed incontrollati possono apparire come un corredo quasi obbligato dalla tradizione ma di cui, chi ha composto i brani, avrebbe potuto fare anche a meno. A testimonianza di ciò,1 i brevissimi testi, interpretati da uno stile vocale che sembra ricondurre ad una versione malata, straziata e delirante del vecchio Chris Cornell, compaiono di rado lasciando generosamente spazio alle pesanti, avvolgenti e striscianti parti di chitarra.
Le sei corde raccolgono il testimone e lo custudiscono gelosamente, spesso facendo fatica ad esplicare il duro compito di mantenerlo e risultando troppo legnose, affannate e sforzate. E’ così che dopo sovrapposizioni e progressioni ricorsive infinite, i brani finiscono in labirinti sonori irrisolvibili in cui l’ascoltatore rimane spiacevolmente intrappolato rischiando, nel disperato tentativo di trovare la via del ritorno, di smarrire lo spirito interrogativo, la curiosità ed il fascino che lo avevano condotto fino a quel punto: caratteristiche necessarie per un disco del genere; caratteristiche che potrebbero migliorare e schiarire i confusi ed enigmatici orizzonti degli End Of Level Boss.

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