Storicamente identificati come una delle band di militanza di Jairo Guedz, gli Eminence sono sempre stati una formazione da limbo. Conosciuti da pochi ed influenzati dalla pesante presenza dello stesso Guedz, infatti, i brasiliani non sono mai riusciti a spingersi oltre uno sterile e derivativo thrash-death sulla scia, guarda un po’, dei primi Sepultura. Se è vero, come è vero, però che non tutti i mali vengono per nuocere, con l’uscita di scena del noto chitarrista il sound dei nostri ha registrato una netta deviazione verso un sound più moderno e piacevole che, complice una buona capacità di rimettersi in gioco, riesce quanto meno a segnalarsi per il piacere con cui si lascia ascoltare. E’ così che, dall’intransigenza sonora dei primi lavori, la formazione carioca arriva a concepire un disco come ‘The God Of All Mistakes’, che tanto deve al genere più odiato del momento e a band come As I Lay Dying e Killswitch Engage. Prendendo forte ispirazione dalle band citate, i quattro brasiliani partoriscono dieci brani tutt’altro che deplorevoli, in cui la solidità e l’esperienza la fanno da padrone. Non siamo di fronte a dei novellini ed è chiaro. I brani risultano ben prodotti, ottimamente strutturati e quadrati nel loro incedere forsennato e mai mieloso. Nonostante tanto buoni quanto dosati chorus in clean vocals, infatti, gli Eminence non dimenticano le proprie radici metal fornendo indiscutibili prove di forza come il riff d’apertura dell’opener, i break di “Devils boulevard” e le miriadi di passaggi al fulmicotone che si susseguono lungo tutto l’arco del lavoro. A rincarare la dose, fissato il buon lavoro della lineare la sezione ritmica, quell’ottimo singer che corrisponde al nome di Wallace Parreiras, qui in ottima forma. Il suo vitriolico growl piace per la capacità di graffiare, seguire le altalene stilistiche della band e mostrarsi adeguato in qualunque veste assuma.

Tirando le somme, questo ‘The God Of All Mistakes’ riesce con esperienza ed abilità a tenersi a galla non affogando tra riferimenti più o meno palesi, una personalità non proprio spiccata e la noia suscitata dall’ascoltare l’ennesimo disco basico del genere. Con i tempi che corrono è già un ottimo risultato: al lettore la sentenza definitiva.

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