Gli Edge of Forever sono una band italiana proveniente da Milano e con “Let the demon rock ‘n’ roll” raggiungono il traguardo del secondo disco in studio. Personalmente non avevo mai sentito parlare di questi ragazzi fino a martedì 21 settembre 2005, quando ho avuto occasione di vederli di spalla a Jeff Scott Soto. L’impressione in sede live che mi ha fatto la band è stata incredibilmente buona nonostante la formazione sia stata in pratica rivoluzionata rispetto a quella che ha suonato i pezzi di questo nuovo disco. Ad ogni modo gli Edge of Forever propongono una miscela esplosiva di hard rock unito in più di un’occasione a momenti tipicamente prog e AOR grazie al sapiente uso che Alessandro Del Vecchio fa delle tastiere.

Ed è proprio con l’hard rock più cadenzato e massiccio che la band milanese dà inizio a questo nuovo album: “The machine”, esemplare brano di rock duro dalle ritmiche solide e massicce e con un ritornello azzeccato che in molte occasioni ricorda i pezzi di Yngwie Malmsteen, esplode in tutta la sua potenza rivelandosi un’ottima opener. Le successive “Shade of november” e “One last surrender” sono le canzoni che maggiormente preferisco all’interno dell’album in quanto presentano un’ottima sezione ritmica unita a linee melodiche davvero efficaci, una miscela che risulta davvero esplosiva in sede live…provare per credere! Nonostante la struttura stessa dei pezzi sia complessa, i brani di “Let the demon rock ‘n’ roll” si piazzano subito in testa grazie agli intriganti riff del chitarrista Matteo Carnio, sostituito ora da Walter Caliaro, e alle linee melodiche create da Bob Harris (Axe) che si rivelano immediate e dirette riuscendo a conferire ai pezzi un feeling del tutto particolare che si sposa magnificamente con il sound generale dell’album. Ottima è inoltre la prova di Alessandro, che ricrea sonorità seventies e moderne senza troppi problemi mentre la sezione ritmica di Francesco Jovino (U.D.O.) si rivela dannatamente trascinante. L’ascolto dell’album prosegue con “Crime of passion” che vede Del Vecchio e Carnio protagonisti di una furiosa battaglia solista durante la parte centrale della canzone. La title track è il pezzo più oscuro di tutto l’album, caratterizzato da una ritmica molto lenta e cadenzata, si risolve in un ritornello più fresco e di facile presa. Finalmente arriva il momento della ballad e “A deep emotion” si svela un brano molto triste ma al tempo stesso affascinante e carico di feeling e di pathos. Ottima anche la seconda semi-ballad del disco, “In my eyes”, mentre “Feel like burning” e la conclusiva “Edge of forever” (dall’ andamento tipicamente neoclassico e malmsteeniano) si scoprono piuttosto esaltanti e terminano un album che non necessita di alcuna presentazione, perché davvero molto bello.

Insomma, gli Edge of Forever sono una band molto interessante e sicuramente da scoprire se ancora non avete avuto modo di ascoltarli. Se amate l’hard rock e l’AOR con una leggerissima spruzzatina di prog e non disdegnate sonorità tipicamente seventies allora gli Edge of Forever fanno per voi!!!

A proposito dell'autore

Post correlati