Si dice che per guidare nel modo giusto, serva la marcia adatta, e credo che questo principio si adatti molto bene anche alla musica. Sono partito con un primo ascolto di questo nuovo “Where Ironcrosses Grow” con un po’ di scetticismo, complice lo scarso risultato, almeno a gusti personali, del precedente “Hate Champaign”, fino al secondo, in cui l’ho trovato forse meno peggio, finchè ascolti su ascolti non sono arrivato alla fase giusta, riascoltandolo dopo un ripassino sul vecchissimo “Indecent and obscene” e devo dire, beh, una sorpresa. Complice il chiarimento dei ricordi sul citato vecchio album, ho trovato una chiave nuova per capire il nuovo lavoro, ossia la brutalità.
Melodico, dannatamente swedish, e d’impatto, come solo il quintetto sa fare. Chitarre taglienti, c’è proprio da dirlo, che sembrano seghe circolari in collisione, che sfornano riff e assoli di buona fattura e di gusto. Le ritmiche si difendono bene, difese dal trademark “sottofondo segheria” che rende il tutto magistralmente, e così anche la voce. La batteria è scarna come al solito, ma rende il sound personale e facilmente riconoscibile. La produzione è mediamente buona, che rende bene questo tipo di lavoro.

Un disco discreto, che riporta uno stato di salute più che dignitoso di una band storica, in attesa del prossimo lavoro in studio, e di un bel concerto live, sede in cui il gruppo da veramente il meglio di sè.

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