Prima di iniziare la recensione di questo album, è doveroso chiarire un concetto che molte volte risulta un po’ confuso: quando si chiede ad un ragazzo che ascolta metal di indicare dei gruppi del genere Thrash, quasi sempre vengono citati i gruppi facenti parte della “Bay Area”; invece non tutti ricordano che, sin dai primi anni ’80, è sorto in Europa, e precisamente in Germania, un filone che è andato quasi in parallelo con quello americano, guidato da gruppi del calibro di Kreator, Sodom e Destruction (per citarne solo alcuni). Ed è proprio a questo filone che appartengono anche i Delirious, gruppo tedesco che, dopo una lunga gavetta live ed essersi accasato con l’etichetta Armageddon, dà alla luce il proprio quarto album. Il loro stile musicale è una bella miscela di Thrash melodico che richiama parecchio gruppi come Overkill, Forbidden e Testament e di Heavy tedesco che si avvicina molto allo stile di gruppi come Rage e Grave Digger.
Dopo un intro che sembra una vera e propria dichiarazione di guerra il gruppo dà inizio alla carneficina con “Triple Six”, “I Am The Enemy”, “Call Me God”, “Idiot Nation”, “Blood Begins To Freeze”, “Hate Trader”, “Down On Myself”e “Ragers Elite”, delle autentiche mazzate di Power Thrash scandite dai riff infernali generati dalle due asce Supplie e Cwertnia, coadiuvati dal titanico lavoro della sezione ritmica condotta dal basso di Splettstößer e dalla batteria di Keller; completa il tutto il massacrante cantato di Markus Bednarek che riesce ad amalgamare gli stili di Peavy Wagner e Chuck Billy. Il gruppo concede dei momenti di, apparente, tranquillità durante le magistrali esecuzioni di “Sleep In Peace”, “My Friends”, due brani che, con le loro ritmiche cadenzate, riflessive ed a tratti macabre, fanno tornare in mente i riff più cupi e macabri del genere Doom e nel bellissimo pezzo strumentale “The Sky Turns Red”, brano in cui le due asce del gruppo mettono in mostra tutta le loro capacità tecniche. Come chiusura il gruppo ci regala “In A Gadda Da Vida”, splendida cover degli Iron Butterfly che, sebbene riproposta in una versione più cattiva, non fa rimpiangere la versione originale. Questo album, pur ricalcando le orme dei gruppi thrash più famosi ed offrendo così il fianco alle critiche di chi esige innovazione ad ogni costo, farà tuttavia la felicità degli amanti del metal anni ’80. Per concludere posso solo dire che questo è un album da consigliare ai veri amanti del Thrash classico e da sconsigliare a chi ama il New Metal o le varie contaminazioni che hanno afflitto il genere Metal negli ultimi anni.