Spogliatisi parzialmente e con fatica dai panni di clone dei Six Feet Under, ritornano sulle scene i tedeschi Debauchery che tentano, tardivamente, la via dell’indipendenza sonora. Strada inizialmente giusta ma ancora infinitamente lunga se è vero come è vero che la loro già citata fonte ispirativa usciva, pochi mesi fa, con quell’obbrobrio che coverizzava in chiave “death” di ‘Back In Black’. La furba risposta dei musicisti teutonici? Pubblicare un disco intitolato ‘Back In Blood’ in cui, malamente, si tenta di mescolare brutal death ed hard rock ispirati, casualmente, agli AC/DC. Una trovata inspiegabile se si tiene conto sia della puerilità della scelta sia della legnosità con cui tutto ciò avviene. Il processo di integrazione di due generi così distanti tra loro sembra, infatti, ancora lontano anni luce dalla perfezione e le componenti musicali vengono spesso per stridere. Il disco parte benino con una ‘Lords Of Battle’, veloce, melodica ed accattivante ma finisce ben presto per accartocciarsi su sè stesso a causa di scelte compositive opinabili. Undici brani che non fanno altro che prendere sezioni ritmiche ed elementi cari alla tradizione brutal e attaccarle, con scarsi risultati, con altri cari al rock classico. Impossibile, dunque, che non salti immediatamente all’occhio l’inadeguatezza del growl alla Chris Barnes di Thomas (unico membro originario della band) su tappeti di riff che spesso vogliono apparire ariosi e leggeri. Fuori luogo, in questo contesto, anche un drumming insistente in una doppia cassa fine a sè stessa che, oltre a sfaldare internamente i brani, offre un senso di meccanico davvero brutto da ascoltare. Il resto è canonicità allo stato puro in brani svogliati e pigri che non fanno mai nulla per staccarsi dalla manotonia programmata e copiata a caso.
La (precipitosa) voglia di picchiare duro che emerge in fondo alla tracklist ed un bonus CD zeppo di cover mal concepite non riescono di certo a risollevare le sorti di un album infantile e semplicistico, sbagliato già prima di entrare in studio. Di notevole rimane lo stupore di vedere musicisti di una certa esperienza impegnati a trovare il modo più infelice al mondo per farsi notare. Per chi, di tutto questo e poco altro, si accontenta.