Vorrei subito chiarire che per me è stato molto difficile recensire questo “Assasine”, seconda fatica discografica degli emiliani Dark End. In primis perché ho conosciuto di persona i ragazzi, avendo avuto l’opportunità di suonarci insieme di spalla agli Impaled Nazarene e poi perché sinceramente e personalmente oggi non sento nessun bisogno di uscite del genere. Partiamo dalla definizione del genere da loro suonato: si definiscono e vengono definiti dalla stramaggioranza dei media come symphonic black metal, ma con tutto il rispetto, per me il vero symphonic black metal è altro, per intenderci i primi Emperor, Limbonic Art o Lunar Aurora, mentre i Dark End suonano un meltin pot metallico, che prende spunto da qualche riff di estrazione black metal, ma che al suo interno inserisce tante atre influenze, che spaziano dal gothic vampiresco al power, specialmente negli assoli. Volendo scindere il lato prettamente tecnico esecutivo da quello compositivo e della personalità, bisogna ammettere che i Dark End sono degli esecutori eccelsi, dotati di grandissima tecnica personale e di una grande conoscenza di quello che propogono. Le dolenti note invece arrivano sul piano compositivo e della personalità. Capisco che una band possa influenzare, anche in maniera piuttosto forte, il modo di comporre di gruppi che iniziano a farsi conoscere, però a tutto deve esserci un limite. I Dark End sono come gli altri italiani Riul Doamnei le copie spudorate dei Cradle Of Filth. Partendo dalle photosession, passando per gli atteggiamenti e fino ad arrivare alla musica è troppo palese che la band albionica sia un punto di riferimento troppo ingombrante per gli emiliani. Purtroppo ci troviamo di fronte ad un album suonato e prodotto bene, ma palsticoso, che sa di trito e ritrito, dove assoli power, atmosfere decadenti e romantiche tipiche dei COF e alternarsi di growl, scream e parti semirecitate danno un senso di già sentito troppo forte ed evidente. Anche il concpet dell’album, che si occupa delle serial killer femminili in maniera piuttosto accurata è stata già trattato dai COF, in “Cruelty and the Beast” nel 1998, anche se i vampiri albionici si erano occupati della madre di tutte le donne assassine cioè la contessa Erzsébet Báthory. Difficile davvero dare un giudizio positivo su quest’album, anche perché oggettivamente i Dark End, anche con tutta la buona volontà, non riescono minimamente ad eguagliare le atmosfere dei primi lavori di Dani e soci, ma in un periodo dove i Vampiri sono tornati di moda grazie all’abominio di Twilight è molto probabile che quest’album faccia breccia nei cuori delle adolescenti “alternative” oppure in quello di chi si avvicina per la prima volta ad un tipo di metal tendenzialmente più estremo di quello classico.

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