Raggiunta la notorietà militando nei Megadeth dei primi due album, Chris Poland ha negli anni a seguire, a livello di fama e considerazione del pubblico, sempre patito il confronto con il suo ben più celebrato successore Marty Friedman.
Eppure, nonostante una scarsa prolificità ed una gestione decisamente sciagurata della propria carriera, Poland è stato comunque in grado di dimostrare il proprio non indifferente talento, da solista con l’eccellente “Return to Metalopolis” (del 1990, e tuttora uno dei più interessanti esempi di chitarra metal strumentale), con il secondo “Chasing the Sun” (2000) e di recente con il formidabile trio fusion degli Ohm.

Un po’ tutte le tappe della carriera del chitarrista trovano posto in questo album dal titolo poco fantasioso: quattro brani tratti dal primo album, due inediti (“Psycho Boy” e “Pandora”, quest’ultima in studio), una cover dei Megadeth ed un out-take della sua attuale band.

La qualità della registrazione dal vivo, effettuata a Phoenix nel 1991 durante il breve tour di supporto a “Return to Metalopolis”, è piuttosto bassa: trattandosi con ogni probabilità di una amatorialissima registrazione su nastro (in alcuni tratti persino rovinato) dell’uscita stereo del mixer, si comprende inoltre come non sia stato in seguito possibile fare molto per migliorarla.

Va lievemente meglio con le due conclusive tracce in studio, ma a quel punto è già lampante che lo scopo di questa pubblicazione è più che altro di carattere “documentaristico” e in un certo senso “antologico”.
Le uniche cose che danno infatti un senso ai 37 minuti di questo raffazzonato disco sono esclusivamente la bravura e l’inconfondibile, affascinante stile di Poland, incontro ideale fra thrash metal, jazz fusion e tentazioni orientali.
Gli episodi migliori, oltre al bel brano degli Ohm, sono sicuramente quelli tratti da “Return to Metalopolis”, generalmente fedeli agli originali ma con qualche gradita divagazione ( ad es. lo stacco blues in “Khazad Dum”): per il resto, non vi sono particolari motivi di interesse per il pubblico, ed anche gli inediti rappresentano comunque materiale “di recupero” destinato soltanto agli estimatori più convinti del chitarrista americano.

Nel complesso, l’unico vero merito di questa trascurabile album è probabilmente solo quello di riportare un po’ sulle labbra della gente il nome di Chris Poland, con la speranza che qualcuno ne approfitti per riascoltare o andarsi giustamente a recuperare le uscite precedenti.

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