Magnifico. Il ritorno dei Candlemass dopo King Of The Grey Islands che già aveva incoronato Robert Lowe nuovo “Messia” dopo Marcolin, riconferma la bravura tecnica e artistica di Lowe in un album decisamente più variegato ed originale del precedente.
Si parte con una If I Ever Die notevolmente più veloce del previsto, in cui però il refrain maestoso e cupo, tipico dei Candlemass, rimane punto di riferimento.
Si torna al doom lento e perentorio con Hammer Of Doom, in cui l’atmosfera funerea ha la priorità su tutto e non sembrano esserci speranze di uscita, dalla tetra condanna che come un martello si abbatte sul nostro destino.
Terza perla dell’album, The Bleeding Baroness ci immerge invece in un racconto decedente, dalle connotazioni vagamente storiche e leggendarie; uno può immaginare il macabro passato di un castello in rovina in cui aleggia il fantasma della perfida baronessa che ti fa desiderare di non essere mai nato. Anche qui ritmo accelerato e ritornello monumentale si alternano, mentre Demon Of The Deep, subito dopo, frena e ritorna agli stilemi tragici del doom, dove le punte di pathos raggiunte sono davvero buone grazie agli acuti strazianti di Robert Lowe.
Opera magna a mio avviso di un album praticamente perfetto sono gli otto minuti di House Of 1000 Voices, più noir che mai: una casa andata a fuoco tormentata dal silenzio di mille voci, un corridoio popolato da mille diavoli, e quell’odore, di qualcosa che proprio non va… Impossibile restare indifferenti alle sensazioni quasi cinematografiche che ci regala questo pezzo, in cui davvero imponenti sono riff e assoli di Björkman e Johansson, il refrain è drammatico ed egregiamente interpretato.
Meno evocativo ma molto originale il motivo di Dead Angel, piuttosto power-oriented, tanto da risultare quasi troppo ottimista. Ottime anche qui le chitarre e menzione speciale alla batteria.
Si ritorna alle chiavi minori e ai toni bassi come le nuvole nere di un cielo che incombe minaccioso: Clouds Of Dementia fa paura, grazie all’interpretazione di Lowe che incarna una mente tormentata, prigioniera della follia. Ho qualche perplessità invece su My Funeral Dreams. Buona, l’atmosfera c’è, ma il refrain sembra mutuato esattamente da Hammer Of Doom solo con testi diversi.
Per quanto riguarda l’artwork, i Candlemass non si sprecano e i tempi dei dipinti in copertina paiono purtroppo tramontati. Il caratteristico teschio questa volta è stato sostituito da una sorte di angelo della morte, o del doom: un teschio dotato di ali, tunica, spada e crocifisso.
Non importa. Musica inconfondibile e creatività sono state ampiamente confermate, ora più che mai. Angoscia, strazio e paura, emozioni doom. Ci sono. Promossi a pieni voti.

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