Essere musicisti, provenire dalla Svezia e decidere di non emulare nessuno tra Entombed, In Flames e compagnia copiata. Sebbene questa tripla di informazioni non sia nella maniera più assoluta sintomo di garanzia e personalità, induce quantomeno ad incuriosirsi, domandandosi su cosa si concentri la proposta dei Bokor, band al debutto per la sempre più attenta Scarlet Records. La risposta è però complessa, lontana da frettolose riconduzioni ad un filone o eventuali paragoni di comodo.
L’unica risposta che si cela oltre dubbi ed interrogativi celati dietro quella perla che porta il nome di ‘Anomia1′ può essere offerta da un ascolto. Un’esperienza che si rivelerà intensa, gradevole ed emotivamente marcata. I motivi e le sorgenti di tutte le qualità di questo bellissimo disco non sono da ricercare in fattori tecnici, nella qualità della produzione o qualunque altro mero particolare. Qui a parlare è la musica, il sentimento che si cela dietro di essa e la naturalezza con cui viene espressa. L’eco dei maestri Tool rimbalza da lontano e, mai invasivo, si impasta in maniera omogenea con elementi che provengono da background decisamente divergenti. Si va da una voce calda che nei momenti più delicati sfiora il migliore Chris Cornell per poi lanciarsi in evoluzioni imprevedibili, talvolta sgraziate altre al limite del growl. Si passa per elementi ereditati da un certo modo geniale di fare crossover dove entra in gioco il fantasma di sua maestà Mike Patton, transitando per divagazioni che non sarebbe un azzardo ricondurre ai Mastodon, e toccando tutto ciò che è intelligentemente diverso, alternativo. E’ così che l’andamento del disco è asimmetrico, guizzante, obliquo, senza offrire il benchè minimo punto di riferimento tra cambi di tempo, climax emozionali toccanti, cavalcate infuriate e momenti di una delicatezza impressionante. Tutto è unito con un collante non in vendita nei negozi ed individuabile con i termini più disparati: talento, arte, visione d’insieme. Il suono riesce, infatti, a risultare pieno senza dare la sensazione del pastone, cambia senza uscire fuori dal seminato, cattura fino ad indurre a ricominciare subito il viaggio alla fine del giro. Tra brani indistinguibili a livello qualitativo, l’emblema di questa perfezione sonora è fornita dalla stupenda “Migrating”, una suite di quindici minuti che racchiude al suo interno il succo del Bokor-pensiero: dagli assoli sibillini, alle ritmiche tremanti e a qualunque altro particolare già citato e che va a caratterizzare un grande lavoro ed una sorpresa prepotente. Un’opera che sfiora la perfezione, da cercare, godere e custodire con una gelosia pari alla sua immensa portata. Giù il cappello.