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“Con un unico gesto, sensazioni suonarono l’etere

 Con un unico sguardo, gli universi si sciolsero in mari

 Con un unico grido, l’aria si mosse e formò il respiro

 Con un unico pensiero, si creò l’equilibrio….”

 

In queste parole si racchiude il totale significato di ECHI, l’opera indiscussa che porta all’apice di un successo quasi inaspettato per Peter, l’autore di questa autentica perla sonora firmata BLAZE OF SORROW. Peter è la mente introversa, ingarbugliata e interessante, che compone i testi e le musiche dando un movimento, sensazioni ed emozioni che si intersecano tra di loro. Tutto avviene ricamando i vessilli di un tempo rubato dall’uomo alla natura circostante, e quasi per dispetto rigettato in un rituale antico come il mondo che tenta di riunire gli equilibri ormai divisi dall’ invida umana. Inizia così un cammino mentale, talvolta turbolento,  talvolta impetuoso fino a raggiungere la pace interiore, per poi riesplodere nella rabbia più estrema. Un viaggio altalenante, che ha dell’incredulità dell’importanza delle piccole cose come i gesti, che spesso si ritengono banali, ma in realtà restano di notevole importanza. In questo percorso si analizzano determinate tipologie di pensiero mentale, che unito alla musica eterea dell’atmospheric black metal, diventa una vera e propria arma di distruzione dell’oblio più profondo, racchiuso nell’ignoranza che ormai pervade il genere umano.  Le parti riservate alla ritmica quindi alle pelli vengono affidate a N.B., elemento che nutre già di una importante esperienza con gli attuali Icethrone e Warshout. Al basso troviamo A. e alla seconda chitarra vi è L. Entrambi musicisti di notevole imponenza, tecnica e maestosità nell’ eseguire i brani, sotto l’attenta direzione di Peter soprattutto durante i live.

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“O grande ignoto, Narrami ancora l’antica poesia , E con il tuo riflesso fammi tornar….. “ All’Ignoto il primo brano, viene dedicata un’introduzione con un classico arpeggio, ma per nulla banale. Per esplodere poi in tutte le forme neoclassiche dei riff lenti del black metal. Un’autentico sfogo rivolto alla luna, al suo chiarore candido, quasi ipnotico. L’ignoto che risuona come il grido disperato di chi non sa più dove poter aprire le proprie ali e il tempo passa inesorabilmente troppo velocemente. “Le parole avrebbero vissuto in eterno cavalcando i venti , Il passato si sarebbe forgiato con il fuoco delle stagioni…”. Empatia seconda traccia dell’album, è senza dubbio il brano di maggior pathos dell’intero album, nonché il più lungo in assoluto. La voce di Peter è oscura, quasi teatrale, viene fuori con una passione disarmante. Essa narra di un tempo in cui si creò un equilibrio, tra gli universi in un parallelo fantastico ed il pensiero dettato dall’invidia umana negli stessi confronti del mondo. Un aspetto filosofico che si avvicina anche, alla lontana, alla cultura celtica e druida. In Memoria terza traccia totalmente strumentale, si affaccia in un’altra dimensione restituendo le modalità personali di interpretazione musicale, che passano dalla lentezza estrema, fino all’eruzione tormentata finale, veloce e quasi improvvisa.“Ma ora indietro non posso più ritornare. SOLE, padre di alba e tramonto, risplendi ancora un’ultima volta e riscalda ciò che mi resta…” . Il soffio del sole, è il brano che mi ha incuriosito sicuramente più di tutti gli altri. E’ un testo complesso ed è interessante smontarlo, frase dopo frase ed interpretarne il significato rimanendo vigili con la musica che accompagna il testo stesso. Un inizio intenso, che ricorda i cori cupi dei canti gregoriani, una parte iniziale in cui Peter recita un preciso monologo. La descrizione di un momento significativo, importante, immerso in un paesaggio etereo, notturno. In un attimo Peter si ridesta dal profondo, e parte veloce, graffiante e cambiando talvolta la modalità di cantato dal classico growl, al quasi parlato singhiozzante. Parte la raffica e quindi esplode il ritmo della musica e il brano diventa più veloce. Un soldato si appresta a varcare la trincea per l’ultimo assalto al fronte nemico, ed esso sa già che andrà a morire e quindi all’albeggio sarà come le nuvole. Poi il soldato muore e si lascia trasportare dagli Alberi, il quinto brano da atmosfera finalmente rilassata, dopo la grande guerra e quindi con la pace eterna nella mente e nel cuore. Peter risveglia i sensi sussurrando solo una semplice frase di grande impatto emotivo, con il sottofondo di una chitarra acustica, rendendo il brano ancora più evocativo e postromantico. “Braccia intricate che cercano invano di accarezzare lo splendore della luna…”. Poi tutto si ricollega come per magia ad Echi, sesto brano che porta il nome omonimo dell’album. “Che la marea mi trasporti lontano, Affinché la sabbia torni roccia E la roccia risalga a stella..”  Un’esplosione mistica e quasi di un’ imperturbabile emozione nascosta della perdizione. Peter appare tormentato da mille domande, che lo travolgono nell’oscurità più estrema e nel suo silenzio più profondo prova a darsi le risposte ragionando e lasciandosi guidare dai pilastri del tempo.“Non ho più mani sulle mie spalle non ho più luce nei miei occhi, Muovo i miei passi verso il centro del lago, L’acqua è profonda e la nebbia mi priva della vista…” , Ma il vento ricordò il mio nome, è il penultimo brano e sentendo questo pezzo ho ricollegato le sonorità di “Only the Wind Remembers My Name” una favolosa esecuzione dei  Drudkh, che sicuramente hanno ispirato di gran lunga l’autore ad un percorso più interiore nella stesura personale di questa settima traccia importante. ECHI si chiude con un pezzo semi acustico, meraviglioso, intenso, ricco di eterno pathos, e con un utilizzo del synth in maniera magistrale, etereo e da brivido lasciando ogni qualsiasi immaginazione ed emozione qual si voglia interpretare.

E’ inutile non rimanere folgorati non che piacevolmente storditi e incantati dopo l’ascolto di questo album, che consacra Peter ad una maturità ben più completa rispetto ai precedenti lavori. Echi resta una perla destinata a brillare in un tempo lontano, mistico, dimenticato e forse troppo sottovalutato da molti. Echi è l’album più impegnativo che mi è arrivato da analizzare in tutto l’arco della mia carriera giornalistica, e non è un caso se per arrivare a determinate conclusioni, ho voluto ascoltarlo molte più volte, arrivando anche a seguire Peter stesso nei live, parlarci di persona e studiare la sua metodologia di approccio alle persone che si imbattono nell’ascolto di questo capolavoro e anche ai suoi live che sono certamente di natura pregiata.

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