Qualche anno fa intervistando John Payne gli chiesi se quella sarebbe stata una formazione stabile visti i numerosi cambi di formazione che si son avvicendendati negli Asia; la sua risposta molto scherzosamente fu “per ora si”. Di lì a poco ci furono numerose notizie tra le quali quella dello scioglimento del gruppo per poi arrivare a riformare un Asia alternativo con la formazione originale che oggi è diventata l’unica dopo un tour mondiale di successo.
L’attesa per un nuovo album con la formazione storica era ormai spasmodica e quale titolo migliore se non Phoenix, l’uccello mitologico che rinasce dalle sue ceneri, per l’album?
Phoenix è un album che riprende da dove i quattro avevano interrotto ben ventitrè anni or sono, con le sonorità di Asia, Alpha e un po’ meno Astra; non ci si doveva aspettare nulla di diverso, tutte le tracce riflettono un senso di nostalgia pura per un gruppo di amici che si ritrovano dopo tanti anni a ricordare un periodo molto bello della loro vita/carriera. Le canzoni che meglio rendono questa sensazione sono a mio avviso Never Again, Heroine e Alibis, ma non mancano però anche le trovate più prog di Downes e Howe in Sleeping Giant / No Way Back / Reprise e Shadow of a Doubt.
I nostalgici dei primi album troveranno in Phoenix un concentrato di ciò che erano gli Asia negli anni ottanta escludendo completamente il periodo Payne, come a voler sottolineare il fatto che gli Asia sono loro quattro e basta, ed in effetti per chi visita il loro sito ufficiale non troverà traccia di altri album che non siano quelli con Wetton, Downes, Howe e Palmer.
La dozzina di brani è sicuramente di ottimo livello che lascerà soddisfatti tutti gli amanti di Downes e soci, ma che però lascerà un certo amaro in bocca per non aver osato di più. Considero Phoenix come un ponte tra i vecchi lavori e i prossimi in cui sono sicuro si metteranno più in discussione.

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