Correva l’A.D. 1986, che secondo il parere degli esperti è stato l’anno dell’apogeo dell’Heavy Metal. A questo trionfo ha contribuito, a suo modo, anche il controverso, geniale, iperbolico e particolarissimo guitar hero svedese J.Y. Malmsteeen regalando al mondo intero Trilogy, un album emozionante, struggente, senza ombra di dubbio uno dei capolavori indiscussi della sua grandiosa ed altalenante carriera. Ma lasciamo che sia la musica a parlare, dato che di cose da dire che ne sono parecchie. L’album si apre sulle note di “You Don’t Remember, I Never Forget”, brano caratterizzato dal suo incedere rallentato ma sostenuto da tastiere in rigoroso stile eighties e da uno stupendo riff cadenzato che fa da tappeto sonoro per l’irrompere maestoso dell’imponente voce alta e pulita di Mark Boals. La chiusura del brano è affidata al maestro Malmsteen che ci regala un assolo di rara bellezza in cui riesce a creare una sorta di “pianto elettrico”. Segue a ruota “Liar”, una stupefacente cavalcata scandita dai ritmi indiavolati e penetranti del basso. Ed ecco giungere “Queen in love”, il cui riff iniziale è una vera e propria perla creata appositamente per sostenere il cantato lento ma inesorabile di Mark Boals, fedelmente accompagnato dagli assoli veloci e graffianti tessuti dalla chitarra di sua maestà Malmsteen. Con “Crying” il nostro “Viking” ci regala uno stupendo pezzo strumentale dove la sua Fender riesce realmente a far venire la pelle d’oca con assoli strappalacrime che riportano alla mente un passato pieno di errori e rimpianti, fedelmente rievocati da ritmi tristi, immobili, e accompagnati da un geniale ed oscuro lavoro di batteria e basso. Segue a ruota “Fury”, brano caratterizzato da un sound molto più cattivo e accattivante che fa venire in mente lo stile degli Europe, caratterizzato dalla splendida voce di
Boals che scorre veloce ed inesorabile tra le strofe ed il coro. Un’ottima traccia che esprime tutto il suo inestimabile valore soprattutto nel fiammeggiante break centrale. Ed il ritmo si mantiene a livelli di guardia anche con “Fire”, altra ottima song scandita da una serie infinita di tempi veloci e immediati che si alternano, in maniera a dir poco diabolica, con alcuni rallentamenti originali che lo
rendono godibilissimo ed altamente accattivante riuscendo, soprattutto nei chorus, ad evocare delle solari e invitanti atmosfere. Sin dalle prime note di “Magic Mirror” non si potrà non notare l’imponente ed incessante opera delle tastiere del maestro Jens Johansson che danno vita a un sound magico impreziosito dalla sublime ed emozionante interpretazione offerta dalla voce di Boals nel coro. Segue a ruota “Dark ages”, brano dalle atmosfere pesanti e soffocanti caratterizzato dalla presenza massiccia di un riff granitico oscuro. Come ciliegina sulla torta e come tributo finale ecco arrivare “Trilogy Suite Opera”, una track che definire incredibile è un puro eufemismo; una vera e propria perla di inestimabile valore che rende il dovuto tributo alle capacità inumane di sua maestà Malmsteen. Dopo due minuti e mezzo di autentica pazzia in cui l’ascoltatore sarà letteralmente inondato da un mare di note inizialmente proposto, con maniacale pulizia, ad una velocità a dir poco supersonica sostenuta da un imperioso lavoro di basso e batteria, il brano si concede un breve momento di pausa che serve solo da tappeto sonoro per l’irrompere, potente ed inesorabile, di un grandioso riff che introduce una marea di cambi di ritmo. Per concludere posso solo dire che siamo di fronte ad un autentico capolavoro, un vero classico della musica che assolutamente non deve mancare nella collezione musicale di chiunque ami la Musica!

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