Dalla lontana Australia arriva sino a noi il quintetto capitanato dal cantante Daniel Estrin. Il gruppo si forma alla fina degli anni novanta con l’intenzione di proporre una musica il più originale possibile. Hanno quindi cercato di unire un pò di (sotto) generi della musica da noi amata, ma non solo. L’album è infarcito di partiture orchestrali e taglienti riff cercando di unire power, black e musica classica, ma anche suoni moderni come batteria elettronica e momenti gothic.
Il risultato è apprezzabile, anche se non reputo un’alta originalità nel solo miscelare vari generi senza farli propri e personali. Basti solo pensare ai brani power black che ricordano i Children Of Bodom, o alle parti più classic che ricordano innumerevoli altri gruppi.
Brano particolarmente gustoso è “The Ancient Labyrinth” con quel suo incedere a tratti folk, che però troppo stacca dai precedenti power orchestrali, cui segue la canonica power “Miseria”, il cui intro da chiesa spiazza non poco l’ascoltatore, e in cui si evidenzia una maggiore ricerca solistica, poco riuscita per la verità.
Reputo decisamente intrigante la proposta dei cinque australiani in “The V Element” dove riescono a unire in modo ottimale dance e metal, nonostante prevalga la dance, più orientata agli anni ottanta (tipo Pet Shop Boys per intenderci) che a quella recente.
Tutto il debutto discografico dei nostri alterna brani power, sinfonici, elettronici e folkeggianti. Tanto per capirci, dopo la power “Cosmic Armageddon Part II” ci ritroviamo la folkeggiante “Kingdoms Of Control” con un retrogusto di musica popolare tedesca (presente anche in altri momenti dell’album qua e là) di sicuro gusto ed effetto, dovuto anche al particolare cantato di Estrin.
L’album gode di una discreta produzione che rende i suoni deglli strumenti molto compatti e tutti ben distinguibili. In svariate occasioni ho disdegnato i suoni scelti per le tastiere, ma questo non inficia comunque l’interesse verso la musica dei Voyager. Penso che se il gruppo cercasse di meglio definire la propria proposta musicale in una direzione principale e svilupparla riuscirebbe ad ottenere un risultato molto migliore; inoltre Daniel Estrin dovrebbe cercare di personalizzare di più il cantato, che si è rivelato piuttosto monocorde e poco espressivo, pur però risultando adatto in alcune situazioni particolari.
Sicuramente un debutto molto interessante per una band promettente.
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